L’idrossiclorochina non riduce significativamente i ricoveri in terapia intensiva né migliora i tassi di sopravvivenza nei pazienti ospedalizzati con polmonite da covid-19. E’ quanto rivela uno studio pubblicato sul British medical journal del 14 maggio scorso, che ha messo a confronto un gruppo di 84 pazienti francesi curati con idrossiclorochina entro 48 ore dall’ammissione (dosaggio 600 mg/die) con un altro gruppo di 97 malati che non hanno ricevuto il trattamento. Un’analisi ponderata ha rilevato che, dopo 21 giorni, il 76% dei pazienti nel gruppo di trattamento è sopravvissuto senza trasferimento all’unità di terapia intensiva rispetto al 75% nel gruppo di controllo. «Complessivamente» spiega un articolo del Pharmaceutical Journal che riporta gli esiti dello studio «l’89% di coloro che hanno ricevuto idrossiclorochina è sopravvissuto dopo 21 giorni, rispetto al 91% nel gruppo di controllo».
Sebbene i ricercatori avvertano che i risultati vanno interpretati con cautela, l’indagine giunge comunque alla conclusione che i risultati raccolti non supportano l’uso dell’idrossiclorochina nei pazienti ospedalizzati con polmonite da covid-19. L’idrossiclorochina, ricorda il Pharmaceutical Journal, è attualmente al centro dei tre principali studi avviati nel Regno Unito sui trattamenti contro il coronavirus: Principio (Piattaforma randomizzata di interventi contro covid-19 negli anziani), Recupero (Valutazione randomizzata della terapia covid-19); e Remap-Cap (Studio randomizzato, integrato, multifattoriale, piattaforma adattiva per polmonite acquisita in comunità).
Un ulteriore studio, condotto in Cina su 150 adulti ospedalizzati e pubblicato sullo stesso numero del Bmj del 14 maggio, ha sollevato anche domande sull’efficacia dell’idrossiclorochina: nei pazienti affetti da covid con grado da lieve a moderato, il farmaco antimalarico non ha eliminato il virus più rapidamente di quanto facciano i trattamenti standard. E per di più ha sollevato preoccupazioni sugli effetti avversi.
Per Gino Martini, ricercatore-capo della Royal Pharmaceutical Society, i risultati dello studio cinese confermano l’importanza degli studi clinici randomizzati e l’uso di controlli robusti quando si ha a che fare con una malattia complessa come covid-19. In ogni caso, ha detto, «fino a quando tutti gli studi clinici in corso non forniranno le loro evidenze, non conviene escludere l’idrossiclorochina dai trattamenti».
Colin Michie, pediatra londinese, ha dichiarato al Pharmaceutical Journal che «nonostante l’entusiasmo iniziale» i risultati provenienti da studi più solidi e approfonditi su clorochina e idrossiclorochina stanno dimostrando che le due molecole non sono particolarmente efficaci nelle terapie contro il coronavirus. «Numerosi grandi studi» ha ricordato «stanno ancora utilizzando queste molecole, ulteriori informazioni dunque dovrebbero essere disponibili dal prossimo mese».