Nel Mercato unico europeo le importazioni ed esportazioni parallele di farmaci costituiscono «una forma legittima di commercio». Gli Stati dell’Unione, tuttavia, possono imporre limiti al parallel trade quando l’obiettivo è quello di «tutelare un legittimo interesse pubblico», per esempio «una fornitura adeguata e regolare di medicinali alla popolazione». A patto però che tali «misure siano giustificate, ragionevoli e proporzionate» allo scopo. E’ quanto scrive la Commissione europea nel dispositivo con cui l’altro ieri ha deciso di archiviare le procedure d’infrazione a carico di Polonia, Romania e Slovacchia, per gli interventi adottati nei tre Paesi con l’intento di scoraggiare le esportazioni parallele di farmaci.
Le motivazioni con cui Bruxelles sostiene la propria decisione meritano un’attenta lettura anche in Italia, perché avvallano una linea che da tempo la filiera del farmaco vorrebbe fosse adottata anche dalle nostre autorità. «La carenza di forniture appropriate e continue di medicinali alle farmacie» recita il dispositivo «è un grave e crescente problema, che può avere gravi ripercussioni sul trattamento dei pazienti. La Commissione riconosce che il commercio parallelo dei medicinali può essere uno dei motivi per cui si verificano carenze».
E’ un passo avanti di non poco conto. Anche perché subito a ruota, Bruxelles conviene che il nodo della questione è quello di «conciliare il rispetto della libera circolazione delle merci con il diritto dei pazienti di accedere all’assistenza sanitaria». Difendere il Mercato unico a colpi di procedure d’infrazione nei confronti dei Paesi che limitano il parallel trade per assicurare la disponibilità di farmaci ai loro cittadini, dunque, non è la strada giusta. Serve piuttosto «un dialogo strutturato tra tutte le parti interessate, in tempi brevi». E in tale cornice, «la Commissione conferma il proprio impegno a sostenere gli Stati membri nei loro sforzi volti ad assicurare ai cittadini un accesso tempestivo ad un’assistenza sanitaria preventiva e terapeutica di buona qualità e a costi contenuti». Per questo, Bruxelles comincerà a raccogliere «maggiori informazioni dagli Stati membri e dalle altre parti interessate per discutere l’attuazione dell’obbligo di servizio pubblico e le restrizioni all’esportazione nell’ambito del gruppo di lavoro del Comitato medicinali per uso umano».
Per frenare il parallel trade, Polonia, Romania e Slovacchia avevano adottato norme che imponevano ai distributori farmaceutici di esportare soltanto dopo l’espletamento di procedure burocratiche (permessi, notifiche o altro ancora) che di fatto scoraggiavano tale attività commerciale. «Quella imboccata dalla Commissione Ue è una vera e propria svolta» commenta la presidente di Federfarma Lombardia, Annarosa Racca «durante la mia presidenza il sindacato ha lavorato intensamente con gli altri attori della filiera distributiva per far capire all’Europa che gli eccessi del parallel trade non hanno nulla a che fare con il Mercato unico e vanno combattuti. Ora si colga quest’apertura per avviare con Bruxelles un dialogo proficuo, che faccia saltare fuori soluzioni efficaci con cui risolvere il problema delle carenze».