Anche se in calo rispetto agli anni precedenti, pure nel 2018 il nostro Paese ha fatto registrare percentuali sopra la media europea nei tassi di resistenza alle principali classi di antibiotici per gli otto patogeni sotto sorveglianza internazionale: Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Enterococcus faecalis, Enterococcus faecium, Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa e Acinetobacter species. E’ quanto rivelano i dati pubblicati ieri dall’Istituto superiore di sanità in concomitanza con l’European Antibiotic Awareness Day (18 novembre 2019) e la World Antibiotic Awareness Week (18-24 novembre 2019): gli oltre 2.000 casi diagnosticati nel 2018 di infezioni nel sangue causate da enterobatteri produttori di carbapenemasi (Cpe), ovvero enzimi che distruggono i carbapenemi (una classe di antibiotici ad ampio spettro), dice l’analisi, evidenziano la larga diffusione nel nostro Paese di tali batteriemie. «Purtroppo deteniamo il triste primato, nel contesto europeo, della mortalità per antibiotico-resistenza» osserva Annalisa Pantosti, responsabile della Sorveglianza Ar-Iss «dei 33mila decessi che avvengono in Europa ogni anno per infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici, oltre 10mila sono localizzati in Italia».
Gli ultimi dati disponibili, ricorda ancora l’istituto, mostrano che i livelli di antibiotico-resistenza e di multi-resistenza delle specie batteriche sotto sorveglianza sono ancora molto alti, nonostante gli sforzi consistenti messi in campo finora, come la promozione di un uso appropriato degli antibiotici e di interventi per il controllo delle infezioni nelle strutture di assistenza sanitaria. Il nostro Paese sta attuando il Piano nazionale di contrasto dell’antibiotico-resistenza (2017-2020, che affronta il problema con una strategia “One Health” comprendente azioni di monitoraggio, sorveglianza e contrasto del fenomeno dell’antibiotico-resistenza sia nel settore umano sia in quello veterinario, in linea con i piani delle agenzie internazionali.