Potrebbero subire un drastico giro di vite le aperture domenicali e festive di supermercati, negozi e centri commerciali. Dipende dai destini della proposta di legge che il sottosegretario allo Sviluppo economico, Davide Crippa (M5S), ha presentato alla Camera con l’obiettivo di rivedere estesamente la liberalizzazione impartita nel 2011 dal governo Monti. Il testo, in sostanza, dispone che gli esercizi commerciali non potranno aprire per più di 12 giorni all’anno tra domeniche e festività consacrate (civili e religiose), eccezion fatta per le località turistiche. Per evitare concentrazioni, inoltre, la proposta di legge dispone che nei festivi non potrà essere aperto più del 25% dei negozi dello stesso settore merceologico: provvederanno comuni e regioni a vigilare, attraverso un calendario che, a rotazione, dirà chi può lavorare e chi invece dovrà rimanere chiuso. E l’online non potrà fare da scorciatoia: nei giorni festivi, afferma il testo, «l’attività commerciale che si svolge in Italia non sarà esercitata in alcuna delle sue fasi».
Il provvedimento, ovviamente, non riguarda le farmacie: i loro orari, infatti, vennero liberalizzati dal decreto “cresci-Italia” del gennaio 2012, poi convertito nella legge 27/2012; la proposta di legge del M5S, invece, mira a modificare il decreto “salva-Italia”, varato a dicembre e poi convertito lo stesso mese nella legge 214/2011. Sempre che venga approvato dalle Camere: la notizia dell’iniziativa del sottosegretario Crippa, infatti, sta dividendo il mondo del commercio e le associazioni di settore. Tra i favorevoli Confcommercio, che con Enrico Postacchini, delegato per le Politiche del commercio, ha rivolto un benvenuto alla proposta di legge: «La deregolamentazione totale degli ultimi anni non ha prodotto particolari effetti sui consumi e sull’occupazione, né ha incrementato la concorrenzialità del settore» ha detto «siamo, dunque, disponibili al confronto per la reintroduzione di una regolamentazione minima, a nostro avviso indispensabile per il mantenimento del pluralismo distributivo». Tra i favorevoli anche la Coop, che in una nota diffusa l’altro ieri si schiera dalla parte del M5S: «Bisogna trovare un nuovo equilibrio tra le esigenze dei consumatori e quelle dei lavoratori» ricorda il presidente dell’Ancc-Coop, Stefano Bassi.
Nutrito anche lo schieramento dei contrari, che mette sul tavolo un po’ di numeri: per i punti vendita aperti tutti i giorni la domenica è diventato il secondo giorno della settimana per ingressi e fatturato. «Nei weekend» dicono a Confimprese «i retailer registrano in media incassi maggiori del 120% rispetto a un normale giorno della settimana». E infatti, per Confimprese la proposta di legge è da mettere velocemente in soffitta, altrimenti «alle imprese non resterebbe che licenziare. In tempi rapidi, per non lasciare sul terreno perdite di fatturati e marginalità». Stesse considerazioni da Ancd-Conad: «fare un passo indietro in questo momento in cui la distribuzione organizzata subisce la concorrenza sleale dell’e-commerce» è l’avvertimento «significherebbe mettere a rischio migliaia di posti di lavoro e privare i cittadini di un servizio prezioso». Anche per Federdistribuzione (l’associazione di rappresentanza della gdo) la “controliberalizzazione” degli orari sarebbe soltanto un regalo all’e-commerce: «Vogliamo un commercio coerente con le nuove abitudini d’acquisto e consumo delle famiglie, che danno sempre più spazio all’e-commerce, una vetrina aperta 7 giorni su 7 e 24 ore su 24, che non crea occupazione ma che è capace di drenare velocemente vendite ai negozi fisici» sono le parole del presidente, Giovanni Cobolli Gigli «e vogliamo un commercio in grado di contribuire allo sviluppo del Paese, facendo del binomio commercio-turismo un vero elemento di successo».