L’Italia batte la Germania e sale sul gradino più alto del podio europeo. E non stiamo parlando di sport, dove tutto sommato i vicini tedeschi li battiamo spesso, ma di produzione industriale, che è ben altra cosa. Produzione farmaceutica, per essere precisi: da anni le aziende di casa nostra occupavano la piazza d’onore, seconde soltanto alla Germania nella classifica europea del pharma, ora l’atteso sorpasso. Perché le imprese dello Stivale chiudono il 2017 con una produzione che si attesta in valori sui 31,2 miliardi di euro, mentre i tedeschi si fermano a 30 miliardi. L’ufficializzazione ieri a Roma, nell’assemblea pubblica con la quale Farmindustria ha festeggiato i 40 anni di vita dell’associazione. «Nel 1978» ha ricordato nella sua relazione il presidente dell’associazione, Massimo Scaccabarozzi «eravamo 56 milioni e una bambina che nasceva in quell’anno poteva sperare di compiere 77 anni, un bambino 70. Ora siamo 4,5 milioni in più e una donna che nasce oggi può vivere 85 anni, un uomo 81. Ciò vuol dire che in questi quarant’anni gli italiani hanno guadagnato quasi 10 anni di vita, grazie anche all’instancabile attività dei ricercatori e delle ricercatrici delle imprese del farmaco».
Nel 2017 investiti in Italia 2,8 miliardi. Ma il settore – ha ricordato Scaccabarozzi – non produce soltanto salute e speranza di vita, crea anche occupazione e crescita: «Le nostre aziende investono singolarmente ogni anno più di 300 milioni di euro nella Ricerca, occupano fino a 17mila addetti e sono leader di mercato a livello internazionale oppure hanno affrontato importanti fusioni con altre grandi imprese». Numeri che riassumono un impegno rinnovato convintamente anche nel 2017: «Nell’anno passato» ha riassunto Scaccabarozzi «abbiamo investito complessivamente 2,8 miliardi: uno e mezzo in ricerca e 1,3 in impianti produttivi, valore aumentato del 20% in cinque anni. Siamo tra i primi tre settori del manifatturiero per valore degli investimenti in ricerca e il primo in assoluto per addetti». Nel 2017, in particolare, risultano occupati nella farmaceutica 65.400 addetti, il 93% dei quali con contratto a tempo indeterminato. Rispetto all’anno precedente sono mille in più, e nell’industria italiana il comparto farmaceutico è quello che impiega più addetti qualificati – il 90% è diplomato o laureato – e con il più alto livello di produttività, tre volte la media nazionale.
Spesa farmaceutica Ssn inferiore del 27% alla media Ue. A fronte di questi numeri, la richiesta che Farmindustria rivolge alla politica è quella di poter lavorare in un contesto regolatorio che agevoli l’impegno delle sue aziende per il Paese. «C’è bisogno di regole nuove per rendere compatibili le risorse con le innovazioni in arrivo e il valore della presenza industriale nel Paese» ha detto Scaccabarozzi. La spesa farmaceutica italiana procapite, ha continuato il presidente di Farmindustria, è inferiore del 13% alla media dei Big europei. La sola componente pubblica della spesa farmaceutica, a parità di farmaci offerti dai Servizi sanitari nazionali, è invece inferiore addirittura del 27% rispetto alla media dei Big europei. «I meccanismi che in Italia regolano la gestione di questa spesa» ha osservato Scaccabarozzi «sono davvero complessi, probabilmente tra i più complessi al mondo. E a causa di questi meccanismi, le aziende sono costrette a restituire parte di quello che hanno incassato attraverso il cosiddetto payback. Negli ultimi 5 anni, considerato l’effetto di tale payback, la spesa farmaceutica totale è cresciuta dell’1,2% all’anno e in termini reali – tenuto conto di inflazione e incremento demografico – solo dello 0,3%».
Equivalenza terapeutica non darà risparmi. Mancano dunque gli spazi per chiedere alla farmaceutica altri sacrifici, come l’incremento dei consumi dei generici o le gare per equivalenza terapeutica: «Gli equivalenti rappresentano già oltre il 90% dei consumi in farmacia» ha ricordato Scaccabarozzi «e la stessa cosa vale per i biosimilari, nei quali l’Italia è il primo Paese europeo per consumi e quota di mercato. Molto difficile, se non impossibile, anche ottenere risparmi da una revisione drastica del Prontuario, senza danneggiare i cittadini e compromettere la capacità di investimento di molte imprese». Serve piuttosto, ha detto il presidente di Farmindustria, «un cambiamento di paradigma epocale: finanziamenti adeguati, meccanismi più moderni di gestione della spesa, il rispetto della proprietà intellettuale, la tutela del brevetto e del marchio, l’accesso ai nuovi farmaci rapido ed omogeneo su tutto il territorio. Perché queste sfide siano vinte, dobbiamo puntare sulla partnership per portare all’estero un’immagine vincente dell’Italia. Ci rendiamo conto che è un obiettivo ambizioso e che per conseguirlo dobbiamo stare tutti dalla stessa parte: quella del Paese».
Fugatti (Salute) apre agli industriali. Dai rappresentanti del governo presenti all’assemblea, il sottosegretario alla Salute Maurizio Fugatti e il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, sono giunte evidenti aperture: «Il comparto farmaceutico rappresenta un modello per tutto il sistema industriale» ha detto in particolare Fugatti «non siamo sordi al tema del payback e sappiamo che vi è costato 7 miliardi negli ultimi 5 anni. Crediamo che occorra fare approfondimento per attutire questo costo che è sulle spalle del sistema industriale». E’ senz’altro un invito al dialogo, ma prima occorre capire quale significato dare all’assenza del ministro della Salute, che all’assemblea di Farmindustria ha preferito la trasferta a Napoli.