L’autonomismo differenziato sul quale Governo e Regioni capofila (Emilia Romagna, Lombardia e Veneto) stanno trattando per l’intesa finale «non potrà che amplificare le diseguaglianze di un Servizio sanitario nazionale già oggi universalistico ed equo solo sulla carta». E’ l’allarme lanciato ieri dalla Fondazione Gimbe (Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze) in un report che analizza le tematiche per le quali le tre Regioni chiedono autonomie più estese. «Il prossimo 15 febbraio» spiega il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta «i presidenti di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto incontreranno il presidente del Consiglio per sottoscrivere un’intesa sulle autonomie differenziate; il Governo, quindi, formulerà un disegno di legge che dovrà poi essere approvato dalle Camere a maggioranza assoluta».
Tra le tematiche per le quali le tre Regioni chiedono competenze più estese, ricorda il Gimbe, c’è anche la Sanità: dalla rimozione dei vincoli di spesa in materia di personale all’accesso alle scuole di specializzazione; dalla stipula di contratti a tempo determinato di “specializzazione lavoro” per i medici agli accordi con le Università; dallo svolgimento delle funzioni relative al sistema tariffario, di rimborso, di remunerazione e di compartecipazione al sistema di governance delle aziende e degli enti del Ssr; dalla richiesta all’Aifa di valutazioni tecnico-scientifiche sull’equivalenza terapeutica tra diversi farmaci agli interventi sul patrimonio edilizio e tecnologico del Ssr, sino all’autonomia in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi. Richieste di ulteriore autonomia, poi, arrivano da Emilia Romagna (distribuzione diretta di farmaci) e Veneto, che punta alla gestione del personale: regolamentazione dell’attività libero-professionale e definizione di incentivi e misure di sostegno per i dipendenti del Ssr in sede di contrattazione collettiva.
«Con le maggiori autonomie» è la conclusione di Cartabellotta «nascere e vivere al Sud significherà avere meno diritti di chi risiede nelle Regioni più ricche. Davanti a questo potenziale attentato allo Stato sociale, un’insolita congiunzione astrale ha allineato tutte le forze politiche, senza alimentare alcun dibattito sui rischi del regionalismo differenziato e sulla contestuale necessità di potenziare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni». Di qui l’iniziativa della Fondazione, che ha lanciato una consultazione pubblica per consentire a cittadini e addetti ai lavori di esprimersi sui potenziali rischi del regionalismo differenziato applicato alla sanità.