Dopo il nuovo alt del Governo ad alcune delle richieste di autonomia differenziata provenienti da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, si rifà intenso il dibattito tra i governatori su legittimità e rischi della devolution federalista. Ieri, in un’intervista al Corriere della Sera, il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini ha respinto una volta di più le obiezioni di chi parla di una «secessione dei ricchi»: «Non chiediamo un euro in più rispetto a quanto già prendiamo» ha ribadito «la sfida è l’efficienza, gestire meglio a parità di risorse. L’Emilia-Romagna non chiede la competenza esclusiva su 23 materie (come il Veneto, ndr) ma su 15, sulla quali punta a definire funzioni precise per gestire meglio rigenerazione urbana, sicurezza del territorio, rifiuti, sanità. Vogliamo rafforzare l’efficienza di servizi e pubblica amministrazione, in un quadro di coesione in cui i livelli essenziali delle prestazioni siano assicurati a tutti i cittadini. Non vogliamo maggiori risorse, ma spendere meglio quelle che ci sono».
Anche per il presidente della Liguria, Giovanni Toti, le richieste di autonomia differenziata che provengono dalle Regioni (compresa la sua) vanno considerate con maggiore rispetto. «Caro presidente Conte» scrive Toti al premier in un post pubblicato su Facebook «non condanni all’isolamento il Nord con i no del Movimento 5 Stelle. Le preoccupazioni dei governatori di Lombardia e Veneto e dei loro abitanti sono legittime e noi come Regione Liguria ci uniamo a loro perché temiamo la decrescita infelice a cui le politiche del M5S ci stanno condannando». La richiesta di autonomie avanzata dalla Liguria comprende portualità, infrastrutture, demanio marittimo, sanità.
Dissente da Toti il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, che in un’intervista a Radiouno ha detto di condividere la posizione del presidente del Consiglio Conte sull’autonomia differenziata. «Senza prima un’operazione verità su quanti soldi procapite ricevono i cittadini del Sud e quelli del Centronord la devolution è una truffa» ha affermato «se viene fuori che ci sono sprechi allora tagliamo. Ma i dati Istat per la spesa pubblica allargata ci dicono che il Centrosud riceve 3mila euro pro capite in meno rispetto al Centronord».
Si schiera invece dalla parte di Zaia e Fontana il presidente della regione Piemonte, Alberto Cirio (foto), che in un’intervista a Repubblica annuncia di voler «cambiare la nostra richiesta al governo e integrarla, chiedendo competenze su innovazione, ricerca e commercio estero. Guardo con molto interesse a Lombardia e Veneto e sostengo il loro braccio di ferro nei confronti del governo. Anche se, devo ammettere, questo stallo forse per noi può essere un vantaggio, perché ci consente di allinearci alle capofila».
Sembra invece restare in territorio neutrale il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci: «Noi siciliani non siamo contrari al regionalismo differenziato, siamo autonomisti da 73 anni» ha ricordato intervenendo alla trasmissione di Rai Radio 1 Centocittà «ma vogliamo capire cosa c’è dentro il Patto. Rimane un concetto misterioso». In ogni caso, ha continuato, «l’Italia deve restare una comunità coesa e solidale. Ma se questo regionalismo differenziato, per una sbavatura nella sua applicazione, dovesse rendere più ricco chi è già ricco e più povero chi è già povero, non mi sembrerebbe una grande opera di architettura istituzionale». Di qui la richiesta della Sicilia di «istituire un Tavolo con tutti i rappresentanti delle Regioni e non soltanto con quelle che chiedono l’applicazione dell’autonomia differenziata. Va capito che fine faranno il Fondo di solidarietà, il Fondo perequativo, la perequazione infrastrutturale. Da parte dello Stato servirebbe un crono-programma, un controllo effettivo».
Preoccupato per le ripercussioni dell’autonomia differenziata sulle regioni del Sud anche il presidente dell’Abruzzo, Marco Marsilio: se la riforma «punta a un dimagrimento delle funzioni dello Stato allora va bene» spiega in un’intervista al Corriere della Sera «ma questo non può avvenire a vantaggio di alcuni e a danno di altri». Anche Marsilio, quindi, chiede al premier Conte di «convocarci tutti e ascoltarci, in modo da costruire soluzioni che non penalizzino nessuno e che siano davvero utili a tutti i cittadini italiani, senza fughe in avanti e senza la cosiddetta “secessione dei ricchi”».
Anche la Toscana chiede chiarezza e scelte comuni: «Nessuno pensi di dare un’autonomia speciale alle tre regioni del Nord senza concederla anche alla Toscana, che non è certo da meno per risultati raggiunti e capacità di governo» ha scritto su Facebook il presidente della Regione, Enrico Rossi «il tema è serio e per troppo tempo è stato lasciato nelle mani di apprendisti stregoni che lo hanno utilizzato a fini elettorali. Se non viene fermata, l’iniziativa leghista mette a rischio l’unità nazionale. Un governo quasi morto non può certo permettersi un delitto di questo tipo per continuare a sopravvivere. Consiglio di spengere i motori e ripartire da capo coinvolgendo tutte le Regioni e il Parlamento, che non può essere ridotto a una funzione notarile su temi così importanti per il futuro dell’Italia».