Le Case di comunità, uno dei cardini pensati dal Pnrr per la riorganizzazione delle cure di prossimità, contonuano a restare in gran parte cattedrali vuote. Lo dice l’ultimo monitoraggio dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), che in un report pubblicato ieri fa il punto sullo sviluppo di tali strutture così come di Ospedali di comunità e Centrali operative territoriali (Cot).
Su 1.717 nuove strutture che nei programmi dovrebbero essere aperte entro giugno 2026, dice il report, solo 46 (2,7%) risultano pienamente operative con tutti i servizi previsti, tra i quali assistenza medica di base, visite specialistiche, accertamenti diagnostici di primo livello, riabilitazione e assistenza domiciliare. In 485 strutture è attivo almeno un servizio, con una distribuzione geografica che vede la Lombardia e l’Emilia Romagna in testa, rispettivamente con 138 e 125 Case della Comunità aperte. Il Piemonte si colloca a metà classifica con 28 strutture funzionanti.
La presenza di medici di famiglia è stata rilevata in sole 158 strutture (9,2% di quelle previste), mentre gli infermieri sono presenti in 122 casi. Va un po’ meglio, ma rimangono comunque in ritaredo rispetto alla tabella di marcia, l’attivazione degli altri servizi essenziali:
Le regioni del Centro e del Sud Italia mostrano maggiori difficoltà nell’attivazione completa delle Case di comunità. Per esempio, i servizi di assistenza domiciliare sono attivi in 313 strutture su 667 al Nord, 86 su 397 al Centro e solo 15 su 653 al Sud. Analogamente, l’attività specialistica è disponibile in 308 strutture al Nord, 103 al Centro e appena 18 al Sud. La possibilità di eseguire esami diagnostici di primo livello è presente in 258 strutture al Nord, 88 al Centro e solo 19 al Sud.
Anche gli Ospedali di Comunità, strutture a conduzione infermieristica destinate a pazienti che necessitano di assistenza a bassa intensità clinica, presentano criticità. Su 568 strutture programmate, solo 124 sono state attivate, con una forte concentrazione in Veneto (43), Lombardia (25) ed Emilia Romagna (21). La presenza di un medico per almeno 4-5 ore al giorno è garantita in 90 strutture (15,8%), mentre la copertura infermieristica 24 ore su 24 è assicurata in 118 strutture (20,8%).
Come noto, per ovviare a tale condizione il ministro della Salute, Orazio Schillaci, e alcune Regioni stanno valutando il passaggio alla dipendenza per i mmg che verranno, con un orario obbligatorio minimo di 18 ore settimanali nelle Case di Comunità. Ma una parte delle sigle sindacali di categoria non ne vuole sapere e anche all’interno delal maggioranza di governo ci sono posizioni discordanti.