La Fimmg riconferma il proprio no alle Case di Comunità e cita il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, per ribadire le proprie ragioni. È il senso del comunicato che il sindacato dei medici di famiglia ha diffuso ieri: «Grazie al presidente Mattarella» si legge «per aver confermato e sottolineato il crescente disagio dei cittadini che vivono nei comuni sotto i 15mila abitanti». La Fimmg fa riferimento al saluto formulato dal presidente Mattarella alla presentazione del progetto Polis di Poste Italiane: «Sedici milioni di persone» ha detto il presidente «vivono in comuni con meno di quindicimila abitanti: è un’Italia fondamentale, che copre l’80% del nostro territorio. È una parte decisiva dell’Italia. Decisiva per il suo sviluppo, per il suo equilibrio. E in questa parte così importante, sappiamo che vi è un crescente disagio per il ritiro dei servizi che si è registrato. Che incide sulla vita quotidiana, e quindi incide sulle possibilità e le opportunità di tanti nostri concittadini».
A causa di errori nella programmazione che hanno sottovalutato le dimensioni del pensionamento anagrafico, è il ragionamento della Fimmg, «tra i servizi che stanno venendo a mancare, in primis nei piccoli comuni», c’è anche la medicina di famiglia, ossia «la porta di accesso al sistema sanitario nazionale».
È un problema, avverte il comunicato, che «non trova soluzioni realistiche in modelli di sanità pubblica che propongono soluzioni sanitarie a problemi sociali, creano strutture di degenza per anziani anziché promuovere la domiciliarità delle cure e dell’assistenza a casa». Il paradigma delle Case di comunità declinato dal Pnrr, prosegue la Fimmg, «sembra andare nella stessa direzione: aumentare le distanze tra i cittadini e il loro medico di famiglia, concentrando nei grandi centri i pochi medici disponibili e costringendo la popolazione anziana a spostamenti continui per poter gestire le loro cronicità e fragilità, nonostante molti necessitino di un’assistenza capillare che trova soluzioni nella domiciliarità e nelle cure “a chilometro zero”».
L’auspicio del sindacato, dunque, è che «la medicina generale rimanga per la politica il fondamento dell’assistenza sanitaria da preservare a ogni costo, soprattutto per le sue caratteristiche fondanti di assistenza, prossimità e fiducia e che le azioni intraprese dal governo volgano alla tutela e all’evoluzione del ruolo del medico di famiglia senza stravolgerne le sue peculiarità». Questo non significa che non si debba innovare il sistema, per esempio potenziando la telemedicina. «Ma va fatto non proponendo soluzioni che mal si coniugano con i bisogni della popolazione. Servono soluzioni innovative che escano da logiche ideologiche ma entrino nella logica dell’efficienza e della sostenibilità. In conclusione, rilanciamo il concetto che nei modelli assistenziali per la medicina generale validi per i piccoli comuni si trovano soluzioni anche ai modelli evolutivi urbanistici delle grandi città europee, che si progettano sempre più con il modello dei servizi a 15 minuti a piedi, dove il quartiere diventa comunità di servizi e di assistenza diffusa, liquida, potendo recuperare anche nelle metropoli il contatto umano e diretto, migliore humus per un progetto di cure psico, socio, sanitarie tipico della medicina di famiglia».