L’esclusione decennale dai concorsi per l’assegnazione di sedi farmaceutiche imposta dall’articolo 12, comma 4, della legge 475/68 ai farmacisti che hanno ceduto la propria farmacia si applica anche a coloro che abbiano ceduto le proprie quote di partecipazione a una società di persone o a una società di gestione, «modificando di conseguenza la titolarità di una sede farmaceutica assegnata tramite un precedente concorso». È il principio affermato nella sentenza (pubblicata il 19 giugno) con cui il Consiglio di Stato ha bocciato il ricorso di alcuni candidati al concorso straordinario campano, che a marzo il Tar di Napoli aveva escluso dalla graduatoria regionale.
Il contenzioso scaturiva dalla nota regionale del dicembre 2021, con cui si avvertiva che «saranno escluse le candidature, sia singole sia associate, in cui anche solo uno dei candidati abbia trasferito la titolarità della propria sede farmaceutica nei dieci anni precedenti alla presentazione della domanda di partecipazione al concorso o abbia trasferito la titolarità della propria sede farmaceutica nell’arco temporale intercorrente tra la domanda di partecipazione e oggi».
Sulla base di tale indicazione, alcuni candidati avevano impugnato la graduatoria davanti al Tar perché nell’elenco «erano presenti concorrenti che, nei dieci anni precedenti, avevano ceduto quote di società di persone ovvero avevano partecipato al concorso straordinario in altre Regioni e, ottenuta l’assegnazione di una sede farmaceutica, avevano costituito una società di gestione per poi cedere la propria quota di partecipazione».
Nella sua sentenza il Tar campano aveva esteso a tali fattispecie l’esclusione decennale di cui all’articolo 12 della 475/68 e il Consiglio di Stato ha confermato tale orientamento. L’obiettivo che si prefigge la norma, ricordano i giudici amministrativi d’appello «è quello di conciliare, bilanciandoli, l’interesse privato del titolare dell’esercizio farmaceutico a conseguire un adeguato ritorno economico dalla posizione conseguita con quello pubblico a preservare la connotazione del servizio farmaceutico, evitando la prevalenza di intenti meramente speculativi e commerciali». La legge 124/2017 ha aperto al capitale la titolarità delle farmacie ha modificato il quadro normativo ma ha lasciato inalterate le disposizioni sulle incompatibilità, ragion per cui «la preclusione decennale deve trovare un adattamento interpretativo alle nuove forme di titolarità del presidio, salvaguardando finalità e ratio della previsione ostativa».
Tale adattamento, continuano i giudici, non può che ispirarsi alla sentenza 7 gennaio 2020 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, dove si stabiliva che «la Regione, all’esito del concorso straordinario, deve assegnare anche formalmente la titolarità della sede vinta solo a quegli stessi farmacisti persone fisiche, che hanno a tale titolo partecipato al concorso, salvo, ovviamente, il diritto/dovere in capo a questi di gestire poi l’attività imprenditoriale nelle forme consentite dall’ordinamento».
Correttamente dunque, scrive il Consiglio di Stato, «il Tar ha stabilito che debbano essere esclusi dalla graduatoria (anche) i titolari di quote di una società di persone che deteneva una farmacia e delle quali successivamente si sono disfatti attraverso la cessione a terzi». Diversamente, «si finirebbe per consentire l’aggiramento del divieto di cui all’articolo 12», la cui funzione «è notoriamente quella di evitare che la “disponibilità” degli esercizi farmaceutici dipenda in buona parte dai farmacisti stessi e venga quindi sottratta alla dinamica concorsuale, consentendo loro di decidere di cedere la farmacia e liberamente concorrere per una nuova assegnazione in dispregio del fatto che fornire medicinali è un servizio pubblico che, ovviamente, prevale sul diritto del singolo a lucrare sull’attività farmaceutica stessa».