Lavarsi frequentemente le mani, porre attenzione all’igiene delle superfici, evitare contratti stretti e protratti con persone che mostrano sintomi parainfluenzali. Sono le raccomandazioni diramate ieri dal ministero della Salute nella circolare rivolta agli operatori dei servizi e degli esercizi dove è più frequente il contatto con il pubblico. Inviata a un lungo elenco di associazioni tra le quali gli Ordini dei farmacisti, dei medici e degli infermieri, la lettera fa il punto sull’epidemia da nuovo coronavirus e ricorda le evidenze emerse dalla ricerca scientifica: «I sintomi più comuni sono febbre, tosse secca, mal di gola, difficoltà respiratorie. Le informazioni attualmente disponibili suggeriscono che il virus possa causare sia una forma lieve, simil-influenzale, che una forma più grave di malattia».
Quanto alla trasmissione del virus, «la via più frequentemente riportata è quella a seguito di contatti stretti e prolungati da persona a persona» , anche se ulteriori studi sono ancora in corso. «Come riportato dal Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), la probabilità di osservare casi a seguito di trasmissione interumana all’interno dell’Ue è stimata da molto bassa a bassa, se i casi vengono identificati tempestivamente e gestiti in maniera appropriata. La probabilità di osservare casi in soggetti di qualsiasi nazionalità provenienti dalla provincia Cinese di Hubei è stimata alta, mentre è moderata per le altre province cinesi».
Per quanto concerne le misure preventive da adottare nei servizi e negli esercizi ad alto traffico, il Ministero rammenta innanzitutto che «la responsabilità di tutelare il personale dal rischio biologico grava sul datore di lavoro, con la collaborazione del medico competente». Esclusi gli operatori sanitari, possono comunque bastare le cautele adottate comunemente per evitare la trasmissione delle malattie che si propagano per via aerea, quindi «lavarsi frequentemente le mani, porre attenzione all’igiene delle superfici, evitare i contratti stretti e protratti con persone con sintomi simil influenzali».
Nel caso in cui ci si imbatta in un soggetto che risponde alla definizione di caso sospetto, dovranno essere allertati i servizi sanitari e nell’attesa del loro arrivo andranno «evitati contatti ravvicinati con la persona malata»; se disponibile, si fornirà all’individuo «una maschera di tipo chirurgico» e si provvederà a lavare accuratamente le mani e le parti del corpo che sono venute eventualmente a contatto con il malato; fazzoletti di carta usati o altro vanno infilati in un sacchetto impermeabile e smaltiti assieme al materiale «prodotto durante le attività sanitarie del personale di soccorso».
Intanto, dalla comunità medica e scientifica arrivano continui inviti all’opinione pubblica perché non presti fede ad allarmismi e fake news. «Nell’ultima settimana e in particolare dopo la conferma dei due casi in Italia » osserva in una nota la fondazione Gimbe, Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze «la popolazione è sempre di più dedita a uno zapping compulsivo che assorbe informazioni dal web, dalle dichiarazioni spesso contraddittorie degli esperti, dai titoli allarmistici di testate giornalistiche, dai social media, dai gruppi WhatsApp. E le informazioni false, imprecise e incomplete indeboliscono, sino ad oscurare, la già difficile comunicazione istituzionale».
Quanto sappiamo, prosegue il comunicato, è che il nuovo coronavirus, a fronte di una elevata contagiosità, ha una mortalità di poco superiore alla normale influenza, malattia che paradossalmente sembra non spaventare affatto, a giudicare dalla bassissima copertura della vaccinazione antinfluenzale in Italia, in particolare nelle fasce a rischio. Per di più, le evidenze scientifiche sono ancora esigue: utilizzando la parola chiave “coronavirus”, a fronte di oltre 850 milioni di risultati restituiti da Google (il motore di ricerca più utilizzato), Pubmed (la principale banca dati biomedica) riporta solo 148 pubblicazioni, di cui meno della metà relative al nuovo coronavirus: articoli divulgativi, ricerche di base di esclusivo interesse dei ricercatori, pochi studi clinici che descrivono le caratteristiche di pazienti infetti nella zona di Whuan e segnalazioni, anche su casi singoli, delle modalità di trasmissione del virus.
In un contesto in cui le evidenze sono ancora limitate, dunque, il Gimbe «invita a fidarsi solo di dati e raccomandazioni istituzionali: in Italia ministero della Salute e Istituto superiore di sanità, a livello internazionale Organizzazione mondiale della sanità e Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle delle malattie». In questo momento di paura e disorientamento – conclude la nota della Fondazione – la popolazione «deve ricevere solo informazioni valide e aggiornate e il Paese deve fare squadra per evitare che il panico collettivo faccia più danni del coronavirus».