Comincerà dal Senato l’iter legislativo del ddl concorrenza che il Governo aveva approvato a novembre sulla base del parere espresso dall’Antitrust nel marzo precedente. A occuparsene sarà la commissione Industria di Palazzo Madama, che in base al programma settimanale delle convocazioni dovrebbe avviare l’esame del testo da oggi.
Come si ricorderà, il disegno di legge torna a occuparsi di distribuzione farmaceutica come già aveva fatto la prima Legge sulla concorrenza (la 124/2017), anche se stavolta si parla non di farmacie ma di grossisti: l’articolo 14, infatti, riscrive integralmente l’articolo 105, comma 1 lettera b, del d.lgs 219/2006 (il cosiddetto Codice unico del farmaco), eliminando l’obbligo in capo ai distributori di detenere almeno il 90% dei medicinali autorizzati e rimborsati in regime di Ssn. Qui sotto i due testi a confronto:
Distribuzione farmaceutica, come cambia l’obbligo della dotazione minima
D.lgs 219/2006, articolo 105, comma 1 lettera b | Ddl concorrenza, articolo 14 |
(Il titolare dell’autorizzazione alla distribuzione all’ingrosso è tenuto a detenere almeno) il novanta per cento dei medicinali in possesso di un’AIC, inclusi i medicinali omeopatici autorizzati ai sensi dell’articolo 18; tale percentuale deve essere rispettata anche nell’ambito dei soli medicinali generici. L’obbligo non si applica ai medicinali non ammessi a rimborso da parte del Ssn, fatta salva la possibilità del rivenditore al dettaglio di rifornirsi presso altro grossista. | (Il titolare dell’autorizzazione alla distribuzione all’ingrosso è tenuto a detenere almeno) un assortimento dei medicinali in possesso di un’AIC, inclusi i medicinali omeopatici autorizzati ai sensi dell’articolo 18 e i medicinali generici, che sia tale da rispondere alle esigenze del territorio geograficamente determinato cui è riferita l’autorizzazione alla distribuzione all’ingrosso, valutate dall’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione sulla base degli indirizzi vincolanti forniti dall’Aifa. Tale obbligo non si applica ai medicinali non ammessi a rimborso da parte del servizio sanitario nazionale, fatta salva la possibilità del rivenditore al dettaglio di rifornirsi presso altro grossista. |
Il ddl concorrenza, in sostanza, impone ai grossisti un assortimento minimo più generico, vincolato soltanto alla condizione che «risponda alle esigenze del territorio geograficamente determinato cui è riferita l’autorizzazione alla distribuzione all’ingrosso». Tali esigenze, prosegue l’articolo, saranno valutate «dall’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione sulla base degli indirizzi vincolanti forniti dall’Aifa».
La disposizione era stata suggerita nel marzo scorso dall’Antitrust con l’obiettivo di sgravare i grossisti da incombenze da inutili «rigidità operative». La norma sull’assortimento minimo, scriveva nel proprio parere il Garante «implica per i grossisti un livello di che impedisce forme più efficienti e flessibili di organizzazione imprenditoriale». E d’altro canto, «non appare sufficiente a garantire il contrasto del fenomeno dell’indisponibilità territoriale dei medicinali».
Il provvedimento però non incontra il favore di Federfarma, che in una circolare diffusa ieri solleva alcune critiche: per il sindacato in particolare, «un assortimento obbligatorio non adeguato potrebbe minare l’attuale efficienza delle consegne alle farmacie, oggi da considerare una vera e propria eccellenza di tale comparto», così come allargare il numero dei cosiddetti «shortliner», ossia i distributori che trattano soltanto una parte delle referenze autorizzate, «con possibili ripercussioni negative sul fenomeno delle indisponibilità».
Non va poi dimenticato che l’obbligo dell’assortimento minimo è da anni una delle leve con cui Aifa e organizzazioni della filiera contrastano le esportazioni parallele: «Il Tavolo tecnico sulle indisponibilità che avevamo istituito nel 2015 con l’Agenzia del farmaco» ricorda la presidente di Federfarma Lombardia, Annarosa Racca «ha consentito in questi anni di revocare l’autorizzazione a parecchi operatori, che non rispettavano gli obblighi di assortimento perché il loro intento era solo quello di esportare».