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Diabete, ricerca Bhave: tra i mmg troppa “ripetitività prescrittiva”

5 Luglio 2023

Le principali emergenze che portano un malato di diabete in Pronto soccorso sono ipoglicemia (20-56%), iperglicemia (16-45%), chetoacidosi (11-32%) e piede diabetico (0-15%). Lo rivela l’analisi condotta dall’istituto di ricerca Bhave su 290mila accessi in 109 strutture ospedaliere dell’emergenza. Nel campione sono rappresentate tutte le fasce di età, con maggiore prevalenza della fascia centrale 19-49 anni per il diabete tipo 1 (63-74%) e della fascia 50-64 anni (35-44%) per il diabete tipo 2. L’obiettivo dell’indagine, come riferisce un lancio dell’Agenzia Dire, era quello di valutare percorsi della presa in carico ed eventuali criticità e i risultati sono stati presentati ieri in occasione di un incontro al Senato. «Insulina e ipoglicemizzanti orali tradizionali» dice la ricerca «sono le tipologie di farmaci maggiormente utilizzati dal paziente prima dell’arrivo in pronto soccorso. Le percentuali di utilizzo dei nuovi ipoglicemizzanti orali, dei Glp-1 e degli Sglt-2 sono bassissime».

Questa circostanza, secondo gli esperti, può essere un indicatore indiretto della “ripetitività” prescrittiva dei medici di medicina generale, oppure dello «scarso aggiornamento degli stessi in materia, oppure ancora della reticenza del paziente a cambiare tipologia di farmaco assunto». Soltanto il 50% circa dei pazienti, poi, utilizza un dispositivo di monitoraggio continuo della glicemia, un altro dato che per i ricercatori richiama la «necessità» di formazione/aggiornamento della medicina del territorio per indirizzare i pazienti verso l’impiego di strumenti che «riducono eventi acuti e complicanze croniche».

Lo studio inoltre rivela che alla dimissione dal Pronto soccorso «i casi di ipo e iperglicemia vengono normalmente inviati al centro antidiabetico, soltanto per chetoacidosi è previsto il ricovero». Da qui alcune indicazioni: «Bisogna realizzare un network efficace ed efficiente tra territorio, rete di assistenza e paziente diabetico» dicono gli esperti «con l’obiettivo di prevenire le complicanze croniche dei malati migliorandone lo stato di salute, riducendo i costi in capo al Servizio sanitario nazionale e liberando le strutture di pronto soccorso dai casi non urgenti ed evitabili».

«Non dimentichiamo che il paziente diabetico è un soggetto complesso, con esigenze particolari, e che richiede un approccio appropriato che deve seguire protocolli particolari» ha però ricordato Lina Delle Monache, presidente di Federdiabete Lazio «e soprattutto, bisogna fare riferimento a precise linee guida che purtroppo ancora mancano in molti centri, come manca un network tra pronto soccorso e territorio per garantire la necessaria continuità assistenziale».