L’Ema ha avviato la revisione dei dati disponibili sull’impiego degli anticorpi monoclonali casirivimab, imdevimab, bamlanivimab ed etesevimab nel trattamento dei pazienti con covid-19 che non hanno bisogno di ossigenoterapia e rischiano di progredire in una condizione di gravità. Il Chmp, il Comitato per i medicinali umani, effettuerà in particolare due analisi separate, una per la combinazione casirivimab/imdevimab e l’altra per bamlanivimab/etesevimab.
L’obiettivo, come spiega l’Agenzia europea in una nota, è quello di «fornire un parere scientifico armonizzato a livello dell’Ue per sostenere i processi decisionali dei Paesi membri sull’eventuale utilizzo degli anticorpi prima dell’autorizzazione formale». All’inizio di questa settimana, l’Ema ha già avviato una revisione continua della combinazione di anticorpi casirivimab e imdevimab.
Le revisioni sono state avviate alla luce di recenti studi che hanno analizzato gli effetti delle combinazioni casirivimab/imdevimab e bamlanivimab/etesevimab nei pazienti ambulatoriali con covid-19. «I risultati preliminari di entrambi gli studi indicano che le combinazioni hanno ridotto la carica virale (quantità di virus
nella parte posteriore del naso e della gola) più del placebo e hanno portato a meno visite mediche e ricoveri correlati al covid-19».
Il Chmp studierà anche l’uso di bamlanivimab non in associazione sulla base di uno studio che indicherebbe effetti positivi dell’anticorpo sulla carica virale, con successivi benefici clinici. I quattro anticorpi monoclonali sotto valutazione sono progettati per attaccarsi alla proteina spike di SARS-CoV-2 e bloccarne l’ingresso nelle cellule.