Incentivare la prescrizione dei biosimilari a scapito del biologico di riferimento non è azione in sé «contestabile o deprecabile, specie se volta al contenimento della spesa farmaceutica pubblica; non può però tradursi in una concreta limitazione della commercializzazione dell’originale quando non è provata l’equivalenza curativa con il biosimilare». È quanto afferma il Tar Campania nella sentenza del 21 giugno scorso che ha accolto il ricorso di Sanofi contro la delibera con cui la Regione aveva dettato nuove regole per la prescrizione di enopaxarina sodica.
Il provvedimento contestato è la nota della Direzione generale Salute del 22 novembre 2022, che a seguito di rilevati scostamenti della spesa farmaceutica regionale ha introdotto nuove limitazioni alla prescrizione e rimborsabilità del farmaco Clexane. In particolare, i medici vengono «esortati» a favorire l’utilizzo dei biosimilari in luogo del biologico di riferimento, in quanto «il branded presenta un prezzo di rimborso per le farmacie notevolmente superiore, con ingiustificato onere aggiuntivo».
La nota, poi, dispone che «nei casi in cui il clinico oppure il mmg/pls ritengano imprescindibile la fornitura di un medicinale a base di enoxaparina diversa da quelle disponibili in dpc, è necessario che la prescrizione riporti l’indicazione di “non sostituibilità” con una chiara ed esaustiva motivazione di tale vincolo». Stesso adempimento, inoltre, viene introdotto «su tutte le prescrizioni di Clexane erogate in convenzionata», cone l’avvertenza che «in nessun caso la motivazione della non sostituibilità potrà fare riferimento alla motivazione della “continuità terapeutica” in quanto tale dizione non appare una valida giustificazione per la richiesta di specialità medicinali diverse dai biosimilari disponibili».
Per il Tar Campania il provvedimento regionale è illegittimo, perché presuppone «una sostanziale equivalenza» tra farmaci biosimilari e i loro originatori che l’Aifa non risconosce: «A differenza di quanto avviene per i farmaci equivalenti» scrivono i giudici citando quanto riporta l’Agenzia del farmaco sul proprio sito «non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare né tra biosimilari. La scelta del trattamento rimane dunque una decisione clinica affidata al medico e concordata con il paziente, che a sua volta non può modificare la prescrizione ricevuta».
La normativa nazionale vigente in materia, un particolare, «tutela espressamente la libertà del medico curante di prescrivere il farmaco biologico ritenuto idoneo e appropriato nel caso concreto, a prescindere dagli esiti delle procedure di gara, specialmente nell’ipotesi in cui la prescrizione del farmaco extra-aggiudicatario risulti funzionale a “garantire la continuità terapeutica ai pazienti».
Il provvedimento impugnato, invece, nel tentativo di bilanciare opposti rilevanti interessi – quello al contenimento della spesa pubblica e quello alla tutela della salute – non spiega adeguatamente «perché ragioni sia pur legittime di tenuta dei conti pubblici impongano una soluzione che rischia di limitare la capacità prescrittiva del medico». Nel rideterminare la disposizione, qu9indi, la Regione «dovrà adeguatamente accertare se i farmaci biosimilari al Clexane realizzino un’efficacia curativa sostanzialmente equivalente a quest’ultimo, tale da non giustificare, in linea di massima, la prescrizione dell’originale da parte del medico».