Sono finora 190 in tutto il mondo i casi di epatite grave nei bambini censiti dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). In Italia, invece, si contano una decina di segnalazioni, tre casi confermati e un trapianto secondo i numeri riportati ieri dal viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri. «Un legame con il vaccino contro covid è da escludere» ha spiegato «perché non è disponibile per le fasce di età interessate. Ed è escluso un legame con il Sars-CoV-2, salvo cross-reattività o concomitante infezione». L’ipotesi più verosimile, ha concluso SIleri, sembra dunque quella che chiama in causa «un adenovirus, che in genere non provoca epatiti ma in concomitanza con un’altra infezione o altri fattori può causare un danno epatico».
«Nessuna delle teorie formulate finora» afferma dal canto suo l’Istituto superiore di sanità «ha avuto un riscontro attraverso evidenze scientifiche. Ogni anno in Italia, come negli altri Paesi, si registra un certo numero di epatiti con cause sconosciute, e sono in corso analisi per stabilire se ci sia effettivamente un eccesso statistico».
Le ipotesi iniziali dei ricercatori britannici che hanno segnalato i primi casi proponevano un’eziologia infettiva o la possibile esposizione a sostanze tossiche. Informazioni dettagliate raccolte attraverso un questionario relativo a cibi, bevande e abitudini personali dei bambini colpiti non hanno però evidenziato esposizioni comuni. «Le indagini tossicologiche sono in corso» conclude l’Istituto superiore di sanità «ma al momento un’eziologia infettiva sembra essere più l’ipotesi più probabile in base al quadro epidemiologico e clinico».
Sabato 23 aprile il ministero della Salute ha emanato una circolare con l’aggiornamento della situazione epidemiologica al giorno precedente, le definizioni di caso attualmente allo studio dell’Oms, l’attuale valutazione del rischio, le azioni avviate a livello nazionale, le indicazioni per la segnalazione dei casi e le raccomandazioni per la gestione dell’evento in oggetto. Una nuova revisione è stata rilasciata l’altro ieri dall’Organizzazione mondiale della sanità.