In caso di nuovo trattamento con fingolimod, farmaco contro la sclerosi multipla recidivante-remittente classificato in fascia A-Pht, gli esami di funzionalità epatica devono essere effettuati prima di iniziare la terapia e nel primo, terzo, sesto, nono e dodicesimo mese di cura. Quindi, dall’interruzione del trattamento, a cadenza periodica fino a 2 mesi. E’ quanto prevedono le nuove raccomandazioni dell’Aifa per minimizzare il rischio di danno epatico da farmaci, diffuse ieri dall’Agenzia stessa con una Nota informativa importante pubblicata sul proprio sito.
«In pazienti trattati con fingolimod» recita la comunicazione «sono stati riportati casi di insufficienza epatica acuta che hanno richiesto un trapianto di fegato ed episodi di danno epatico clinicamente significativo». Per minimizzare il rischio, sono state quindi aggiornate con nuovi dettagli le istruzioni per il monitoraggio della funzionalità epatica e i criteri per l’interruzione del trattamento. In particolare, in caso di assenza di sintomi clinici:
– istituire un monitoraggio più frequente, comprendente la bilirubina sierica e la fosfatasi alcalina (alp), se i valori delle transaminasi epatiche sono tre volte il limite superiore della normalità (uln) oppure inferiori di 5 volte ma senza un aumento della bilirubina sierica;
– interrompere il trattamento se i valori delle transaminasi epatiche sono almeno 5 volte l’uln oppure tre volte almeno più bilirubina sierica in aumento. Se i livelli sierici ritornano alla norma, il trattamento con fingolimod può essere ripreso sulla base di una valutazione attenta del profilo beneficio-rischio del paziente;
Al contrario, in presenza di sintomi clinici indicativi di disfunzione epatica, gli enzimi epatici e la bilirubina devono essere controllati prontamente e il trattamento con fingolimod deve essere interrotto se si conferma la significatività del danno epatico.