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Fisco, dai commercialisti la conferma: quest’anno Isa meno lusinghiero

21 Giugno 2024

La normalizzazione da post-covid impedirà quest’anno a molte farmacie di replicare le lusinghiere valutazioni assegnate nel 2023 dagli Isa, gli Indici sintetici di affidabilità. L’allarme l’aveva lanciato alcuni giorni fa un articolo di Euroconference News, rivista telematica d’informazione fiscale e tributaria, e lo confermano ora i commercialisti bolognesi Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta, che in un recente convegno organizzato nelle Marche hanno presentato alcuni casi-tipo come quello di una farmacia che quest’anno otterrà un coefficiente di affidabilità di 6,90 dopo avere conseguito un 10,08 nel 2023 (redditi 2022). «Molti titolari» spiegano a FPress i due esperti «si trovano in condizioni analoghe: gli Indici fanno ancora riferimento a condizioni di mercato che erano quelle della pandemia, quando le farmacie hanno erogato servizi aggiuntivi come tamponi o vaccini e soddisfatto la domanda di mascherine o altri prodotti legati all’emergenza, ma nel 2023 questa domanda è venuta quasi del tutto a mancare e quindi ricavi e marginalità sono calati».
Risultato, gli Isa si attendono per il 2023 ricavi e redditi che per buona parte non ci sono più, dunque molte farmacie vedranno calare il loro indice di affidabilità. «Non sarà così» spiegano Tarabusi e Trombetta «soltanto per quei titolari che durante il covid non hanno erogato tamponi o vaccini (e quindi hanno rinunciato ai relativi benefici reddituali in quegli anni), oppure per svariati motivi non hanno visto variazioni significative dei ricavi tra 2022 e 2023».
Una valutazione ridimensionata non porterà ovviamente sciagure, ma ridurrà la “benevolenza” del Fisco di cui beneficia il contribuente per un anno quando l’Isa si avvicina a 8. «In sostanza» spiegano i due commercialisti «cresce la possibilità di essere sottoposti a controlli, si applicano regole più restrittive sui rimborsi iva, si perde l’esclusione dagli accertamenti induttivi e diventa più oneroso l’accesso al concordato preventivo biennale. Nulla di drammatico: le farmacie non chiedono mai rimborsi iva, sono veri e propri “eroi fiscali” che (a parte qualche qualche birichino incallito) in media non hanno molto da temere dai controlli fiscali e le incertezze previsionali sul 2025 rendono non particolarmente appetibile il concordato nella generalità dei casi. Basta che i titolari siano consapevoli che quest’anno per molti di loro il rapporto con il Fisco non sarà “speciale” come in passato, ma nemmeno così drammaticamente diverso».