Il protocollo che ha consentito di coinvolgere farmacie e farmacisti nella vaccinazione contro covid va allargato anche agli infermieri del territorio, perché possano somministrare autonomamente in ogni «spazio» disponibile del Ssn e «allargare la platea dei vaccinati fino al domicilio dei singoli assistiti, a vantaggio soprattutto dei più fragili». E’ una delle richieste che la Fnopi, la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, ha inviato ieri per lettera al presidente del Consiglio Mario Draghi, al ministro della Salute Roberto Speranza e al ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini.
«Gli infermieri» scrive la presidente della Federazione, Barbara Mangiacavalli (foto) «sono vaccinatori da sempre e per professione, ma prevedere il loro intervento soltanto sulla carta senza dargli il necessario appoggio programmatorio e normativo significa legargli le mani e limitare il loro intervento solo all’ospedale e alle strutture sanitarie».
Per questo motivo, la Fnopi chiede innanzitutto la rapida traduzione in misure concrete di quella disposizione del decreto Sostegni che prometteva di «allentare» il rapporto di esclusività degli infermieri Ssn: basterebbe una circolare del ministero della Salute, ricorda la lettera, per far scendere in campo i 270mila professionisti in servizio negli ospedali, «che moltiplicherebbero in modo esponenziale le vaccinazioni».
Poi, come detto, c’è la richiesta di estendere agli infermieri del territorio le disposizioni dell’Accordo del 29 marzo sulla vaccinazione in farmacia: «Senza necessità di preparazioni particolari o tutoraggi (sono già vaccinatori da anni nei centri vaccinali)», scrive la presidente Mangiacavalli, potrebbero vaccinare in autonomia in tutti gli spazi che il Ssn riuscirà a mettere a disposizione. «In questo modo l’immunità di gregge entro luglio diventa un traguardo assolutamente raggiungibile».
Terza richiesta, orientare l’allentamento dell’esclusiva non soltanto alla vaccinazione contro covid, ma anche «all’assistenza sul territorio dei soggetti più fragili, soprattutto a quelli che durante la pandemia sono stati trascurati dai vari livelli di cura e che ora vanno recuperati per non mettere a rischio la loro salute». In sintesi, riassume Mangiacavalli, «si tratta di affrontare con il massimo della potenzialità assistenziale la pandemia e di soddisfare i bisogni di salute dei più fragili che durante l’emergenza sono stati trascurati».