Con la stagione 2024/2025 ci siamo lasciati definitivamente alle spalle il periodo post-pandemico, in cui la mancata esposizione ai virus influenzali causa lockdown e distanziamenti ha provocato un significativo aumento dei casi, in particolare tra i bambini. Lo dice Gianni Rezza, epidemiologo e professore di Igiene all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, in una intervista a Quotidiano Sanità nella quale l’esperto fa il punto su numeri e stime stagionali.
In sostanza, la stima di Rezza è che dopo due anni di post-pandemia questo sia il primo anno che per incidenza e diffusione dei virus influenzali si avvicina ai livelli pre-pandemici. Per cominciare, il picco è previsto per fine gennaio, in linea con il periodo tradizionale precedente al covid-19, e non si notano segnali che fanno pensare a una stagione particolarmente grave, con mutazioni maggiori dette “shift” (virus che passano da animali a esseri umani).
Tra i sottotipi influenzali attualmente diffusi, Rezza ha menzionato l’H3N2, noto per una maggiore frequenza di mutazioni, l’H1N1 e il tipo B, che raramente causa epidemie significative. Sebbene in Australia l’H3N2 abbia determinato una stagione intensa, in Italia l’incidenza di quest’anno è comparabile a quella degli anni pre-pandemia, con diversi milioni di casi previsti ma senza eccessi rispetto al passato.
Uno degli errori più comuni, secondo Rezza, è associare il numero di casi totali alla copertura vaccinale. La vaccinazione ha l’obiettivo principale di prevenire i casi gravi, soprattutto nei soggetti fragili, mentre i bambini, spesso esclusi dalla campagna vaccinale, contribuiscono in larga parte alla diffusione del virus.
Rezza ha chiarito che i dati sul totale delle sindromi simil-influenzali includono anche infezioni da altri patogeni, come il virus respiratorio sinciziale, i virus parainfluenzali e il metapneumovirus. Questi agenti, insieme al batterio micoplasma, sono noti da anni e non rappresentano una novità. Quanto al sottotipo H5N1, associato all’influenza aviaria, Rezza ha specificato che non si trasmette facilmente da persona a persona, riducendo il rischio di allarme.
Nei pazienti con condizioni preesistenti, qualsiasi febbre può destabilizzare l’organismo, ma ciò non dipende dalla virulenza di un ceppo influenzale piuttosto che di un altro. Rezza ha concluso ricordando che febbre alta o polmonite potrebbero derivare anche da altri virus o batteri, che talvolta complicano il quadro clinico.