Niente più convenzione per i giovani medici di famiglia, che passerebbero a un rapporto da dipendenti del Ssn per lavorare nelle Case della salute a tempo pieno, in team con gli specialisti ambulatoriali delle Asl. E con i medici della Continuità assistenziale (le ex guardie mediche), ai quali verrebbero demandate le visite domiciliari. Questo, in sintesi, il piano che il ministro della Salute, Orazio Schillaci, starebbe mettendo a punto secondo un articolo pubblicato domenica dal quotidiano La Stampa.
Il piano, che secondo il giornale «vedrà presto la luce sotto forma di qualche decreto», punta a riaggiustare in corsa la riforma delle cure primarie abbozzata dal Pnrr prendendo di petto il nodo principale della riorganizzazione, quello della carenza di personale. Perché, scrive sempre La Stampa, se Case e degli Ospedali di comunità non si apriranno, addio contenimento delle liste d’attesa e alleggerimento dei Pronto soccorso, due degli obiettivi annunciati dal Ministro al suo insediamento.
Di qui, appunto, discenderebbe l’idea di accogliere nel Ssn i giovani medici di famiglia non più da convenzionati, come avviene oggi, ma da dipendenti pubblici. Non è una cosa del tutto nuova: tempo addietro, in vista dell’ultimo rinnovo della convenzione con i mmg, erano state fatte proposte dello stesso genere da alcune Regioni, in testa Emilia Romagna e Veneto (dove a sostenerla era soprattutto l’allora direttore generale della sanità, Domenico Mantoan, oggi alla guida dell’Agenas). I due pricnipali sindaacti della mg, Fimmg e Snami, avevano minacciato la rottura e alla fine non se n’era fatto più niente, ma il tema non è mai stato davvero archiviato.
Rimangono parecchi aspetti da chiarire, a cominciare dalla questione delle scelte: i medici che entreranno nelle Case di comunità da dipendenti del Ssn, continueranno ad avere i loro assistiti come accade oggi per i loro colleghi convenzionati? E che accadrà ai loro colleghi convenzionati, saranno destinati a “estinguersi” man mano che si pensioneranno? Al momento non è chiaro, ma sono interrogativi che stanno a cuore anche alle farmacie, considerata la contiguità delle due professioni nell’assistenza primaria.
Intanto La Stampa fornisce anche aggiornamenti sulla progressione del Pnrr riguardo alle Case di comunità: le oltre 300 che ancora sono da costruire verrebbero stralciate dal Pnrr (perché già oggi risulta difficile rispettare la tabella di marcia) e saranno costruite attingendo ai 10 miliardi che nel lontano 1988 la Legge finanziaria aveva destinato all’edilizia sanitaria ma non erano mai stati spesi.
L’altra grande incompiuta, per finire, è l’assistenza domiciliare integrata: i pazienti in Adi restano attualmente sotto il 3% degli over 65 e ci sono molti dubbi che si riesca a portare la quota al 120% entro il 2026, come vorrebbe il Pnrr. Il Ministro però all’Adi crede parecchio e avrebbe già quasi pronto il tariffario delle prestazioni di telemedicina. Ma perché funzioni l’assistenza domiciliare integrata occorre che il Fascicolo sanitario elettronico sia utilizzato estesamente e anche a tal riguardo il dicastero avrebbe in cantiere alcuni provvedimenti.