I commi 525 e 536 della Legge di Bilancio 2019 che trattano di pubblicità nelle professioni sanitarie «limitano la concorrenza tra professionisti in misura non proporzionata all’interesse generale di tutelare la sicurezza dei consumatori e viola le disposizioni che attribuiscono all’Antitrust il compito di vigilare sulla correttezza e trasparenza della comunicazione sanitaria». E’ quanto scrive la stessa Autorità garante del mercato in un documento inviato nei giorni scorsi alla presidenza del Consiglio dei ministri e ai presidenti di Camera e Senato, per esprimere alcune osservazioni sulle norme dettate dalla Manovra in materia di pubblicità delle professioni sanitarie.
Le disposizioni, come detto, sono quelle dettate dai commi 525 e 536 (FPress ne aveva scritto qui): in sostanza, scrive l’Antitrust, «il testo stabilisce che le comunicazioni informative diffuse dagli iscritti agli albi degli Ordini delle professioni sanitarie e dalle strutture sanitarie private di cura possano essere esclusivamente “funzionali a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari” e non debbano contenere alcun “elemento di carattere promozionale o suggestivo”. E in caso di violazione di tali limiti, l’eventuale adozione di provvedimenti sanzionatori è di competenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni». I due commi, tuttavia, «sollevano criticità in relazione ai limiti posti al contenuto della pubblicità sanitaria e alla ripartizione delle competenze in materia di vigilanza sulla pubblicità». Non infatti va dimenticato, prosegue l’Autorità garante, che il decreto 223/2006 (convertito nella legge 248/2006) «ha abrogato il divieto di pubblicità informativa dei professionisti intellettuali prima vigente». Il quadro normativo che successivamente si è consolidato, inoltre, «definisce molto chiaramente quali sono i limiti della pubblicità anche nel peculiare e delicato settore sanitario, contemperando l’interesse generale di tutelare la concorrenza con le incomprimibili esigenze di tutela della salute e del consumatore».
In particolare, il Dpr 137 del 7 agosto 2012 per la riforma degli ordinamenti professionali, ammette «la pubblicità informativa con ogni mezzo avente a oggetto l’attività delle professioni regolamentate, le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello studio professionale e i compensi richiesti per le prestazioni». Tale pubblicità, inoltre, «dev’essere funzionale all’oggetto, veritiera e corretta, non deve violare l’obbligo del segreto professionale e non dev’essere equivoca, ingannevole o denigratoria». Per l’Antitrust, di conseguenza, «la disciplina di cui al comma 525 della Legge di Bilancio reintroduce ingiustificate limitazioni all’utilizzo della pubblicità nel settore delle professioni sanitarie, senza che ciò risulti necessario o proporzionato all’interesse generale di tutelare la sicurezza del consumatore».
Pollice verso anche nei confronti del comma 536, che assegna all’Autorità garante delle comunicazioni la vigilanza sulla pubblicità sanitaria: la decisione, scrive l’Antitrust «è suscettibile di determinare una commistione confliggente di competenze» e viola «le disposizioni di rango eurounitario e nazionale che attribuiscono all’Autorità garante del mercato la vigilanza esclusiva sulla correttezza e trasparenza delle comunicazioni informative e promozionali, anche in ambito sanitario».