Diecimila euro per ogni mmg che lavora “in singolo” e 12mila per ogni medicina di gruppo. E’ così che verranno ripartiti i 235 milioni stanziati dalla Legge di Bilancio per l’acquisto di apparecchiature diagnostiche di primo livello da destinare ai medici di famiglia. Lo mette nero su bianco la relazione tecnica che accompagna il ddl, da martedì 5 novembre all’esame della commissione Bilancio di Palazzo Madama. I generalisti in servizio sul territorio nazionale, si legge, sono poco più di 46mila, dei quali il 30% (ossia 14mila circa) «operano in ambiti isolati», ossia lavorano in studio da soli. I restanti 32mila, invece, sono riuniti in «circa 8mila ambiti aggregati», cioè medicine di gruppo, Aft e altre aggregazioni complesse della medicina generale, ciascuna delle quali riunisce in media quattro medici.
La ripartizione dello stanziamento, dunque, è stata definita «tenendo in considerazione che sull’intero territorio i medici sono distribuiti in modo disomogeneo». L’investimento unitario ipotizzato per i medici “in singolo”, dunque, ammonterà a 10mila euro procapite per un totale di circa 139 milioni, ogni aggregazione invece beneficerà di uno stanziamento di 12mila euro (totale 97 milioni). I trasferimenti saranno disposti sulla base di un piano dei fabbisogni predisposto e approvato con decreto del ministro della salute, da adottare entro il 31 gennaio 2020 previa intesa in Conferenza Stato Regioni.
Tali somme, prosegue la relazione, serviranno «all’acquisto di dispositivi diagnostici digitali di primo livello» come ecg, holter, spirometro, dermoscan» e via di seguito, da utilizzare «per le prestazioni di competenza dei medici di medicina generale» così da «ridurre il carico sulle strutture sanitarie e le liste di attesa». In questo modo, continua il testo, «la figura del medico di medicina generale si rinnova e ricopre un ruolo strategico, che rende più prossime e immediate le risposte ai cittadini, più fruibili e accessibili alcune tipologie di esami». La digitalizzazione delle attività sanitarie erogate dalle cure primarie, infatti, «è volta a garantire un migliore percorso di salute a soggetti affetti da patologie croniche e a soggetti sani che intendono rafforzare e mantenere al più alto livello possibile la propria salute». In questa prospettiva, i medici di medicina generale «assumono una valenza centrale ed erogano una gamma di servizi ai cittadini (tele-care e tele-Health, telemonitoraggio, ecg, holter, holter pressorio, teledermatologia, retinografia, polisonnografia eccetera) che concorrono alla sostenibilità del Servizio sanitario pubblico, realizzando una più forte presa in carico, migliorando la gestione delle cronicità, decongestionando le liste di attesa, favorendo un minore ricorso al Pronto Soccorso e garantendo in buona sostanza più elevati livelli di appropriatezza delle cure». Proprio quello che dovrebbe fare anche la farmacia dei servizi.