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Mascherine bocciate dall’Inail, respinti i ricorsi di due farmacie

18 Giugno 2024

La grave carenza di dispositivi di protezione (mascherine in particolare) che ha caratterizzato la prima fase dell’emergenza pandemica spiega la procedura accelerata adottata a quel tempo per l’autorizzazione straordinaria all’importazione di dpi dall’estero, anche senza la mancata comunicazione di avvio del procedimento. E in ogni caso, come sancisce l’articolo 21-octies della legge 241/90, 2. «non è annullabile il provvedimento adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato».

È il principio sancito in due diverse sentenze, emanate a breve distanza tra loro, con cui il Tar del Lazio ha respinto i ricorsi presentati da due farmacie private contro i provvedimenti dell’Inail che nel 2020 avevano negato la validazione straordinaria di alcune partite di mascherine importate dalla Cina da parte dei due esercizi commerciali. In un caso (sentenza del 10 giugno scorso) perché non è stato possibile «verificare la completa corrispondenza del modello importato con la semimaschera filtrante ZC9595 del fabbricante Jiangxi Zhongchen Keji, già presente nell’elenco dei dpi validati dall’Inail», in quanto «l’unico rapporto di prova fornito, scritto interamente in cinese a eccezione di qualche parte tradotta in inglese, non consentiva di rilevare con certezza alcune informazioni indispensabili quali modello e produttore»; nel caso della seconda farmacia (sentenza del 14 giugno), perché «dall’esame della documentazione agli atti risulta che prove analitiche effettuate sulla semimaschera filtrante KN95 per i modelli 6002A-1 e 6002A-2 non sono sufficienti ad attestare il rispetto dei requisiti previsti dalla norma UNI EN 149:2001+A1:2009».

Entrambe le imprese hanno impugnato i dinieghi dell’Inail – tra gli altri motivi – per violazione delle norme sul giusto procedimento, considerato che se agli interessati fosse stato consentito di partecipare alla procedura sarebbe stato possibile dimostrare che la documentazione presentata forniva tutti gli elementi necessari alla valutazione.

Di diverso avviso i giudici del Tar Lazio, secondo i quali «le intrinseche esigenze di celerità nella definizione del procedimento (rese evidenti dalla grave carenza di e che ha reso necessaria l’introduzione da parte del legislatore di un procedimento speciale di validazione) hanno giustificato la mancata comunicazione di avvio del procedimento e del suo responsabile da parte dell’Amministrazione». In aggiunta, «si deve anche osservare che in alcun modo il contraddittorio procedimentale sulle ragioni del diniego avrebbe consentito all’amministrazione di pervenire a un diverso esito del procedimento», considerato che in entrambi i casi è palese l’idoneità della documentazione presentata.