Universal Certification esegue sulle maschere filtranti esami standard iniziali e controlli casuali sulla produzione, come ogni altro organismo notificato. E non corrisponde alla realtà l’affermazione, riportata da notizie e commenti di stampa, che i tempi con cui l’azienda conduce i test e rilascia le approvazioni siano inferiori alla media. E’ la replica con cui l’azienda turca interviene nella querelle aperta qualche giorno fa da un servizio del Corriere della Sera, che riferiva gli esiti di alcune verifiche sulla qualità delle ffp-2 con marcatura Ce2163, quella impiegata dall’ente certificatore di Istanbul: diversi modelli regolarmente autorizzati, denunciava un’azienda altoatesina di import-export, non avrebbero le capacità filtranti per cui sono certificate.
«Tutti i certificati 2163» è la replica di Universal Certification «sono emessi nel rigoroso rispetto del Regolamento 2016/425 per i dpi e tutti i campioni devono superare i test EN 149. Tutti gli impianti di produzione devono essere controllati in loco e il tempo medio di certificazione (dell’azienda, ndr) è di 2-3 mesi, cioè maggiore di quello che impiegano altri organismi notificati».
La responsabilità per la conformità delle maschere facciali prodotte in serie, prosegue il comunicato «ricade sul produttore, come stabilito dalla Dichiarazione di conformità Ue, il monitoraggio della qualità invece è responsabilità delle autorità vigilanti. «Vorremmo sottolineare» commenta Osman Camci, direttore di Universal Certification «che l’Ue dispone di una procedura ufficiale per avvertire i consumatori che un prodotto non conforme è in circolazione sul Mercato, procedura che non sembra essere stata rispettata in questo specifico caso. Anzi, le notizie pubblicate fanno riferimento a non meglio precisati test che sarebbero stati promossi da una società commerciale, secondo procedure non note. Universal Certification ha chiesto informazioni in merito, ma le sono state rifiutate».
Il marchio Ce2163, continua il comunicato, copre le maschere facciali prodotte non solo in Cina ma anche in Turchia, Italia, Germania e altri paesi dell’Ue. «Le affermazioni infondate potrebbero mettere a repentaglio la disponibilità di dpi in Italia e attraverso l’Ue nel momento in cui sono più necessari. Per quanto riguarda in particolare la Cina, è anche degno di nota che esistono diversi organismi notificati che rilasciano Ce certificati per maschere facciali prodotte nel suo territorio. Il Paese può contare su 87 EN accreditati ISO/IEC 17025 e 149 laboratori di prova con attrezzature accurate e esperienza di lunga data. «Universal Certification» conclude Camci «continuerà a essere in prima linea in questo difficile periodo di pandemia adempiendo alle sue responsabilità, nel pieno rispetto di tutte le norme e regolamenti».