Dopo numerosi solleciti provenienti da più parti – farmacie, associazioni di categoria, testate giornalistiche di settore – il 9 aprile 2020, il Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, ha firmato l’Ordinanza n. 9 contenente “Disposizioni urgenti per la vendita al dettaglio di dispositivi di protezione individuale da parte delle Farmacie”, con la quale è stata consentita la vendita al dettaglio dei DPI, anche di una singola unità, da parte di tutte le Farmacie italiane.
In virtù della suddetta Ordinanza, pertanto, le farmacie potranno procedere alla vendita di singole mascherine, anche in assenza dei relativi imballaggi, osservando le opportune cautele igieniche e sanitarie; si evidenzia al riguardo che tale attività, prima della citata ordinanza, non era consentita e non sono mancati casi in cui le farmacie sono state destinatarie di sanzioni amministrative, atteso che la vendita di singole mascherine, sprovviste della confezione e delle informazioni a tutela del consumatore, viola le norme contenute nel d.lgs 206/2005 (Codice del Consumo).
L’obiettivo del provvedimento adottato dal Commissario straordinario è certamente quello di regolarizzare la distribuzione di mascherine e di Dpi da parte delle farmacie, al fine di garantire, considerata l’attuale particolare situazione emergenziale, un’ampia diffusione di dispositivi per la collettività nonché prevenire eventuali speculazioni o distribuzione illegale di mascherine pericolose e dannose per la salute dei cittadini.
In tale contesto, pare opportuno precisare che una nota del 10 aprile della Federazione per i Servizi degli Ordini dei Farmacisti della Lombardia ha sottolineato l’importanza del rispetto di quanto previsto dall’art. 15 commi 1, 2 e 3 del decreto legge 18/2020, in relazione all’obbligo di certificazione delle mascherine chirurgiche, ffp2 e ffp3.In particolare, in virtù di tale disposizione, sono consentite la produzione, l’importazione e l’immissione in commercio di mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale in deroga alle vigenti disposizioni. I produttori, gli importatori e coloro che immettono in commercio mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale, avvalendosi della deroga, devono inviare all’Istituto Superiore di Sanità – per le mascherine – o all’Inail – per i dpi – una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche e dichiarano che i prodotti rispettano i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa nonché inviare all’Istituto competente ogni elemento utile alla validazione della stessa. Entro 3 giorni dalla ricezione, l’Istituto Superiore di Sanità o l’Inail devono verificare e fornire parere sulla rispondenza dei prodotti alla normativa vigente. Qualora all’esito della valutazione i prodotti risultino non conformi alle vigenti norme, impregiudicata l’applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione, il produttore ne cessa immediatamente la produzione e all’importatore è fatto divieto di immissione in commercio.
Pertanto, riassumendo, in mancanza dell’adempimento relativo all’invio dell’autocertificazione agli Istituti competenti la deroga non trova applicazione, trovando applicazione, invece, le previsioni di cui al d.lgs 46/1997, le quali prevedono, tra l’altro, l’obbligo di apposizione del marchio Ce.
Le altre tipologie di mascherine, quali quelle utilizzate solo per scopi precauzionali e non classificate come dispositivo medico né dpi, possono essere prive del marchio Ce e prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio. A queste opera un richiamo l’art. 16, comma 2 del citato D.L. n. 18/2020, il quale prevede che: «Ai fini del comma 1, fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, gli individui presenti sull’intero territorio nazionale sono autorizzati all’utilizzo di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio».
Di particolare importanza sono le disposizioni contenute nell’Ordinanza n. 9 relative alle modalità di confezionamento di singole unità o poche unità di mascherine da destinare alla vendita al dettaglio e che occorre siano osservate dalle Farmacie a garanzia di quegli standard di sicurezza ed igiene che non possono non risultare pari a quelli propri del prodotto prima dell’operazione di apertura e riconfezionamento.
A tal proposito, l’Ordinanza prevede all’art. 2 comma 2 che, nel procedere all’apertura delle confezioni, «ciascuna farmacia deve valutare i fattori che garantiscano la preservazione della qualità microbiologica di ciascun dpi, al fine di mantenere sotto controllo le fonti di contaminazione. Tra i fattori vanno considerati il materiale di confezionamento primario, le attrezzature di lavoro utilizzate ed il personale, che dovrà rispettare le necessarie cautele igienico-sanitarie, quali ad esempio il lavaggio delle mani mediante prodotto idroalcolici oppure lavaggio con acqua e sapone, l’utilizzo di mascherine facciali, guanti e camice». Altresì, stabilisce all’art. 2 comma 3 che per le vendite al dettaglio, le informazioni previste dal d.lgs 6 settembre 2005, n. 206 e dalla normativa di settore «potranno essere fornite da ciascuna Farmacia al consumatore con modalità semplificate, anche mediante apposizione su un apposito cartello esposto nei comparti del locale di vendita».
In riferimento agli obblighi informativi, innanzitutto resta l’obbligo per la farmacia di rendere disponibili le informazioni minime ex art. 6 del d.lgs 206/2005,quali :
– la denominazione legale o merceologica del prodotto;
– il nome o ragione sociale o marchio e alla sede legale del produttore o di un importatore stabilito nell’Unione europea;
– il Paese di origine se situato fuori dell’Unione europea;
– l’eventuale presenza di materiali o sostanze che possono arrecare danno all’uomo, alle cose o all’ambiente;
– i materiali impiegati ed ai metodi di lavorazione ove questi siano determinanti per la qualità o le caratteristiche merceologiche del prodotto;
– le istruzioni, alle eventuali precauzioni e alla destinazione d’uso, ove utili ai fini di fruizione e sicurezza del prodotto.
Le suddette informazioni devono essere fornite al consumatore su altra documentazione illustrativa, in accompagnamento dei prodotti stessi (art.7) e almeno in lingua italiana. Qualora le indicazioni siano apposte in più lingue, occorre sia presente anche la versione in lingua italiana e con caratteri e leggibilità non inferiori a quelli usati per le altre lingue (art.9).
In caso di omessa informazione circa tali dati trova applicazione la sanzione amministrativa da 516 euro a 25.823 euro, prevista dall’art. 12 del medesimo decreto legislativo.
Inoltre, come previsto dall’Ordinanza n. 9, ciascuna farmacia «deve provvedere alla conservazione delle informazioni circa la confezione integra (denominazione, nome del produttore e/o distributore, quantità, data di arrivo e, ove disponibile, numero di lotto) e dell’allestimento (numero confezioni e numero di DPI inserite in ciascuna di esse)».
Da ultimo, ma non per minore importanza, si segnala che la succitata Ordinanza è intervenuta in materia di fissazione del prezzo prevedendo che «la vendita al dettaglio anche di una sola unità di DPI senza imballaggi di riferimento deve prevedere un prezzo inferiore o pari all’importo previsto per la singola confezione diviso il numero dei DPI presenti nella medesima».
Vito Luna
DataFarma