Al ministero della Salute si starebbe tornando a ragionare seriamente sul passaggio dei medici di famiglia da convenzionati a dipendenti del Ssn. Un’ipotesi che già era stata studiata quando a guidare il dicastero era Roberto Speranza (governi Conte II e Draghi I), che però dovette lasciare prima di riuscire a concretizzare qualcosa.
Ora, secondo anticipazioni fornite da Quotidiano Sanità, l’attuale titolare della Salute, Orazio Schillaci, vorrebbe riprovarci con un nuovo progetto, definito da un gruppo di lavoro al quale sarebbe stato invitato «un pool ristretto di regioni». In sintesi, verrebbe istituita una vera e propria scuola di specializzazione (che andrebbe a sostituire gli attuali corsi regionali di formazione) dalla quale i nuovi medici di famiglia uscirebbero già con il “camice” del dipendente Ssn. Quelli che invece mmg lo sono già, invece, manterrebbero il rapporto convenzionale con il Servizio sanitario, ma dovrebbero garantire almeno 14-16 ore alla settimana nelle aggregazioni territoriali.
Si tratterebbe, sempre secondo quanto scrive Quotidiano Sanità, di una riforma diretta innanzitutto a salvare dall’insuccesso le Case di comunità, che stentano a decollare per lungaggini varie ma anche perché mancano i medici di famiglia: in vent’anni, dicono i dati, il numero dei mmg è calato dai 46.907 del 2002 ai 39.366 del 2022, una contrazione del 16%. Risultato, oggi è massimalista (cioè supera i 1.500 pazienti in carico) quasi il 50% dei generalisti convenzionati, il 70% in Lombardia, contro il 15% del 2002. E al salire del numero degli assistiti, scendono le ore da dedicare alle Case di comunità.