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Mmg da convenzionati a dipendenti, Ministero e Regioni tirano dritto

29 Gennaio 2025

Nonostante l’alt della Fimmg, ministero della Salute e Regioni vanno avanti con i loro progetti per il passaggio dei medici di famiglia alla dipendenza del Servizio sanitario nazionale. L’obiettivo principale, come scrive Il Sole 24 Ore Sanità, è quello di garantire la dotazione di personale alle Case di comunità, per le quali Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha stanziato due miliardi di euro. Il rischio, infatti, è che queste strutture diventino “scatole vuote” senza personale sufficiente. A oggi, delle oltre 400 Case di comunità già attive, molte offrono servizi limitati proprio a causa della carenza di medici e operatori sanitari.

Le Regioni premono per rendere operativa la riforma già entro febbraio con un decreto che potrebbe stabilire l’assunzione diretta dei nuovi medici di famiglia come dipendenti del Ssn. Attualmente, questi professionisti operano come liberi professionisti convenzionati, ricevendo un compenso medio di oltre 100mila euro l’anno per un massimo di 1.500 assistiti, dal quale devono però sottrarre le spese di gestione degli studi.

Nei giorni scorsi, i tecnici delle Regioni hanno incontrato quelli del Ministero per concordare il percorso della riforma. Un nuovo incontro, con la presenza del ministro della Salute Orazio Schillaci, è previsto nei prossimi giorni. Schillaci da tempo sottolinea la necessità di rafforzare la medicina territoriale per avvicinare i servizi ai cittadini, esigenza resa evidente dalla pandemia.

Una bozza della riforma, composta da una decina di articoli, è già in fase avanzata. I punti cardine prevedono l’assunzione diretta per i nuovi medici, con la possibilità per le Regioni di decidere se renderla obbligatoria o facoltativa. Inoltre, per i medici già in servizio, che resterebbero in convenzione, si ipotizza l’obbligo di dedicare tra 14 e 16 ore settimanali alle Case di comunità, aumentando il monte ore per chi ha meno di 1.500 assistiti. Un altro aspetto centrale è la riforma della formazione, che da regionale diventerebbe universitaria.

Prima dell’approvazione definitiva della riforma, il Ministero intende confrontarsi con i rappresentanti della categoria. Il 25 gennaio i medici di famiglia hanno già partecipato a una mobilitazione nazionale insieme ai sindacati dei medici ospedalieri, con iniziative che culmineranno in una grande manifestazione a maggio. La riforma, pur non essendo una novità assoluta, rappresenta un passaggio cruciale: un tentativo simile era stato fatto dal governo Draghi con il ministro Roberto Speranza, ma era naufragato con la caduta dell’esecutivo. Ora, con tempi stretti e risorse Pnrr da sfruttare, sarà la volta buona?