La prima scelta è rappresentata da stili di vita sani, cioè alimentazione corretta e attività fisica regolare. Ma se questo non basta diventa allora opportuno ricorrere ai farmaci anti-peso, già a partire dai 12 anni se c’è il rischio di sviluppare malattie correlate all’obesità che rischiano di ridurre l’aspettativa di vita. Soprattutto ora, che sono disponibili nuovi medicinali capaci di ridurre il peso anche del 10%.
Sono le nuove linee guida che la Siedp (Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica) ha annunciato ieri in vista della Giornata mondiale dell’obesità in calendario il 4 marzo. «Nelle indicazioni» spiegano gli esperti «compare ora una forte raccomandazione per la terapia farmacologica e l’ingresso nella pratica clinica». Passa dunque per la prima volta il ricorso ai farmaci a partire dai 12 anni, ma «solo quando non funzionano le correzioni allo stile di vita perseguito con le famiglie e l’intervento strutturato degli specialisti. Dieta e attività motoria» avverte la Siedp «restano il primo approccio per aggredire tempestivamente la malattia e non arrivare al farmaco».
A oggi sono due le molecole autorizzate in Italia contro l’obesità nella fascia pediatrica: la setmelanotide, per alcune forme genetiche rare dai sei anni in poi, e la liraglutide, approvata nel dicembre scorso, per le forme di obesità comune a partire dai 12 anni in poi. «L’obesità non è una colpa né una scelta, ma una malattia cronica e complessa non del bambino ma di tutta la famiglia» ha ricordato la presidente della Siedp Mariacarolina Salerno. Tuttavia, sottolinea Maria Rosaria Licenziati, segretario generale della società scientifica, «dire che l’obesità è una malattia non significa che è sempre necessario un approccio farmacologico né tantomeno chirurgico. Lotta alla sedentarietà e un’alimentazione sana degli adolescenti e delle loro famiglie rappresentano il primo tentativo da fare».