Rivedere l’accesso ai piani terapeutici per consentire i medici liberi professionisti la prescrizione dei farmaci soggetti a tale programmazione: è la rivendicazione portata avanti dall’Associazione Medici e Odontoiatri Liberi Professionisti (Amolp) nell’incontro organizzato nei giorni scorsi con il presidente dell’Aifa, Roberto Nisticò. Secondo l’Amolp, in sintesi, questa limitazione genera un doppio danno. Da un lato, costringe i cittadini a rivolgersi al settore pubblico per terapie fondamentali, aggravando ulteriormente il carico su ambulatori, reparti ospedalieri e Pronto Soccorso. Dall’altro, penalizza i medici liberi professionisti e i loro pazienti, che vedono spesso ritardato l’inizio di trattamenti essenziali. «L’impossibilità di prescrivere farmaci innovativi come i nuovi anticoagulanti orali, gli antidiabetici di ultima generazione o i farmaci biologici si traduce in un’inaccettabile disparità di trattamento tra pazienti del sistema pubblico e quelli della sanità privata» ha sottolineato l’associazione.
Oltre al disagio organizzativo, la questione assume una dimensione etica. «Il codice deontologico obbliga ogni medico a garantire la migliore terapia disponibile per ciascun paziente» hanno ricordato i rappresentanti dell’associazione. Tuttavia, l’impossibilità di accedere a farmaci innovativi costringe talvolta i medici privati a ripiegare su opzioni terapeutiche meno efficaci, con un potenziale impatto negativo sulla qualità delle cure.
L’Amolp ha inoltre evidenziato la necessità di ridurre la durata dei piani terapeutici per alcuni farmaci ormai di comprovata sicurezza ed efficacia, come il denosumab per l’osteoporosi. «La semplificazione delle prescrizioni potrebbe rappresentare un passo importante per migliorare l’accesso alle cure, a beneficio sia dei pazienti che del sistema sanitario nel suo complesso».