Scatta una nuova istruttoria dell’Antitrust sul mercato dell’ossigenoterapia e sulle aziende produttrici che vi operano. A convincere il Garante all’intervento una segnalazione inviata nel luglio scorso dalla Soresa, la centrale acquisti della Regione Campania, che riferisce di alcune «anomalie» emerse nella gara indetta il mese prima per l’affidamento del servizio domiciliare di ossigenoterapia. La gara, in sintesi, era stata bandita in sette differenti lotti, uno per ciascuna Asl della regione, e il vincitore si sarebbe assicurato una fornitura della durata di 48 mesi.
Per ogni lotto, riferisce Soresa, è arrivata entro la scadenza dei termini un’offerta soltanto, presentata dalle società o Raggruppamenti temporanee d’impresa che avevano vinto la precedente gara di affidamento, indetta dalla stessa Soresa nel giugno 2014. Chiarisce la tabella pubblicata dall’Antitrust sul proprio Bollettino:
«Le uniche differenze tra le due gare» osserva l’Antitrust «riguardano la composizione dei Raggruppamenti temporanei d’impresa nei lotti 1, 4 e 5, con solo riguardo all’identità delle società mandanti». Va però considerato, continua il Garante, che la società Ossigas è stata acquisita da Rivoira Pharma e che Linde Medicale non ha potuto presentare per il lotto 5 una propria offerta individuale (come aveva fatto nel 2014) perché le regole della gara lo escludevano. Il fatto che in «ogni lotto sia stata presentata una sola offerta da parte del precedente affidatario del servizio di ossigenoterapia domiciliare» conclude l’Antitrust «appare costituire un chiaro indizio circa il persistere di una strategia finalizzata alla spartizione del mercato e all’alterazione dello svolgimento delle dinamiche concorrenziali».
Di qui la decisione dell’Autorità garante di aprire un’istruttoria per inottemperanza. Le stesse aziende (più altre due, Tergas e Rivoira Pharma) erano già state sanzionate dall’Antitrust nel 2016, per intese restrittive della concorrenza attuate proprio nella gara del 2014. Ne erano risultate sanzioni per circa 6,5 milioni di euro, che nel luglio scorso il Tar Lazio aveva ridotto a 5 milioni di euro con una sentenza che comunque ha confermato l’impianto della decisione assunta dal Garante.