Nonostante i due miliardi aggiuntivi concessi dalla Legge di Bilancio, le ulteriori misure per l’emergenza pandemica e i costi in crescita a causa di inflazione e rincari dell’energia rendono i finanziamenti per il Ssn «non più adeguati a sostenere la programmazione sanitaria». È l’allarme che le Regioni lanciano nel parere formulato la settimana scorsa al ddl di conversione del decreto Aiuti (50/2022, Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti).
In materia di Sanità, in particolare, le Regioni citano i preparativi già in corso per la vaccinazione autunnale (quarta dose); i maggiori costi energetici, inflattivi e contrattuali che «graveranno considerevolmente» sui bilanci delle aziende sanitarie; i maggiori oneri necessari per riportate l’attività sanitaria programmata a regime e per recuperare le prestazioni non urgenti che sono state rinviate durante l’emergenza; i maggiori oneri che si concretizzeranno dal 2022 in seguito alla cessazione delle forniture del commissariato Covid, dall’adozione del nuovo nomenclatore della protesica e della specialistica ambulatoriale, dall’attuazione delle misure previste dal Piano pandemico influenzale 2022-2023.
Le Regioni buttano sul tavolo anche qualche stima della distanza che esiste tra finanziamento e maggiori spese: «l’aumento dei prezzi delle fonti energetiche» si legge nel parere «inciderà quest’anno sui maggiori costi del Servizio sanitario nazionale per circa 1,6 miliardi. Le risorse stanziate dal decreto, pari a 200 milioni, corrispondono al 12% (sulla spesa stimata, ndr)».
La proposta delle Regioni, quindi, è quella di «costituire almeno un cofinanziamento annuale alla spesa», per il quale è stato presentato un emendamento ad hoc che incrementa di 50 milioni di euro per l’anno 2022 e di 100 milioni di euro a decorrere dal 2023 il finanziamento previsto nella manovra 2021».