Vanno cercate con la lente, ma dalla mole di documenti approvati l’altro ieri dalla Conferenza delle Regioni non arrivano soltanto brutte notizie bensì anche segnali che invitano all’ottimismo. Le cattive nuove riguardano il parere favorevole con cui i governatori hanno dato luce verde al Piano delle attività Aifa per il 2019, confermando così le disposizioni su incremento della distribuzione diretta e riequilibrio dei tetti di spesa già segnalate a suo tempo da FPress. Novità di segno opposto, invece, dal documento d’indirizzo preparato dalle Regioni in vista dell’imminente via al confronto con il Governo sul nuovo Patto per la salute. Di fatto si tratta di una sorta di memorandum nel quale le amministrazioni regionali hanno enucleato i punti portanti dai quali dovrebbe svilupparsi il nuovo Patto.
Prima di tutto c’è la richiesta di un sostanzioso incremento delle risorse destinate al Ssn per il triennio 2019-2021, «in aggiunta a quanto già stanziato dalla Legge di Bilancio» (e già questo è bene, visto che se incrementa il Fondo sanitario incrementa in proporzione il budget della spesa farmaceutica). Ma soprattutto, spicca dal documento la richiesta di rivedere il rapporto di corresponsabilità che lega i due livelli istituzionali: le Regioni, in sostanza, rivendicano il passaggio a un sistema di governance imperniato non più su «controlli dei processi e dei costi di singoli fattori produttivi», bensì su «pochi, sintetici e significativi indicatori di risultato» che misurino lo «stato di salute del singolo servizio sanitario regionale».
Si tratta ovviamente di richieste che andranno meglio comprese, magari quando le stesse Regioni le avranno ulteriormente dettagliate. La prima sensazione, però, è che la proposta dei governatori sia quella di spostare valutazioni e verifiche dalla “produzione” (quanti interventi all’anca appropriati effettuati in un anno, quanti parti non cesarei realizzati, quanti Ppi off patent rimborsati eccetera) ai “risultati” effettivamente conseguiti. Risultati che, verosimilmente, si misureranno in salute guadagnata dalla popolazione, misurata attraverso indicatori di governo clinico piuttosto che di governo economico.
Se così fosse, per le farmacie si aprirebbero importanti opportunità, perché le valutazioni di governo clinico si fanno soltanto se a monte c’è un’assidua e dettagliata raccolta di dati, da parte di tutti gli attori delle cure primarie: medici, pediatri e infermieri per la loro parte, farmacie per la propria. Serviranno quindi strumenti di governo clinico come il dossier farmaceutico e servirà coinvolgere le farmacie in programmi di monitoraggio per raccogliere dati da incrociare poi con quelli degli altri professionisti. Ne scaturiranno opportunità tanto per la farmacia dei servizi quanto per attività remunerate di monitoraggio, dei consumi così come degli assistiti in particolari condizioni cliniche. Per il momento sono soltanto ipotesi, ma allettanti a sufficienza da consigliare di tenere un occhio fisso sulla trattativa che verrà per il nuovo Patto.