Ha acceso un ampio e serrato dibattito l’articolo del Sole 24 Ore firmato dai commercialisti bolognesi Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta che “legge” il decreto 127/2021 sui tamponi a prezzo calmierato per concludere che i 15 euro sono un valore invalicabile né a salite né a scendere. A FPress, così, i due esperti spiegano in dettaglio gli argomenti che motivano la loro posizione.
Tarabusi e Trombetta, quello che il decreto impone alle farmacie che effettuano antigenici rapidi – sostenete – non è un prezzo calmierato ma un prezzo imposto. La tesi, tuttavia, non è condivisa da tutti…
Ci permettiamo una battuta di apertura: gli stessi che prima si stracciavano le vesti perché 15 euro erano pochi, oggi fanno polemica perché affermiamo che non bisogna scendere sotto. La questione comunque è molto delicata, non c’è dubbio. Il testo lascia adito a interpretazioni diverse e per questo noi preferiamo suggerire alle farmacie una via cautelativa: in attesa che arrivino chiarimenti ufficiali, è preferibile evitare sconti perché le sanzioni sono salate.
Né il decreto né il protocollo, tuttavia, parlano esplicitamente di prezzo imposto…
Non attacchiamoci alla singola parolina, pensando di risolvere il problema con il vocabolario o la Treccani. Il testo dice di applicare modalità e prezzi previsti dal protocollo, e il protocollo indica solo due prezzi: 15 euro e 8 per i minori. Di prezzo massimo si parlava soltanto nella dichiarazione con cui i farmacisti attestavano l’adesione al protocollo, e questo serviva – quando la norma di legge mancava – per evitare che l’Antitrust sanzionasse il protocollo stesso per intesa lesiva della concorrenza. Ma oggi l’adesione non è volontaria: chi fa tamponi deve applicare il prezzo del protocollo, la legge lo dice chiaramente.
Dunque?
Il decreto impone il protocollo a tutte le farmacie che effettuano test antigenici. E le sanzioni – dice il testo – scattano «in caso di inosservanza», dunque – potrebbe dire l’autorità che sanziona la farmacia – non solo se si praticano prezzi superiori.
Davvero è nelle intenzioni del legislatore impedire che i prezzi non solo salgano, ma anche scendano sotto una certa soglia, pregiudicando ai cittadini i vantaggi derivanti dalla concorrenza?
Il protocollo previene eventuali interventi dell’Antitrust con alcuni accorgimenti: primo, non si parla mai di prezzo imposto; secondo, l’adesione delle sigle che rappresentano le farmacie certifica che i 15 euro rappresentano un valore adeguato rispetto ai costi che la farmacia sostiene più quel «ragionevole margine di guadagno» cui fa riferimento costante la giurisprudenza. Le intenzioni del legislatore le capiremo dopo la conversione, leggendo i lavori parlamentari. Nulla esclude che la cosa sia chiarita – in un senso o nell’altro – durante l’iter parlamentare, e sarebbe un bene per tutti.
Spiegatevi meglio…
La concorrenza non può essere soltanto verso il basso: le farmacie più grandi e più organizzate tendono a praticare prezzi più convenienti perché possono lavorare sui volumi o perché fanno leva sul sottocosto. Le piccole farmacie praticano prezzi più alti perché hanno meno domanda e quindi non possono permettersi di svendere quelle poche prestazioni erogate. Ma se impedisco a queste ultime di andare oltre un certo valore, devo per par condicio impedire alle grandi la possibilità di fare dumping per preservare ovunque la qualità del servizio. E poi, se gli sconti sono consentiti, si apre la stessa questione che tempo fa riguardava i generici.
E cioè?
Per alcune fasce di età, come gli under 18, i 15 euro sono la somma di una quota a carico dell’assistito, 8 euro, e un’altra quota a carico del Ssn, 7 euro. Dove si riversa lo sconto della farmacia? Soltanto sugli 8 euro? Non c’è il rischio che tra un po’, com’è accaduto per gli equivalenti, la sanità pubblica verrà a pretendere una parte di quei ribassi?
D’accordo, resta però il fatto che per altri addetti ai lavori i 15 euro sono un «prezzo massimo», non «imposto»…
In molti ci hanno chiamato dopo la pubblicazione dell’articolo per controbattere. A nostro parere ci sono argomenti per sostenere entrambe le posizioni e Manzoni insegna che è difficile tagliare le soluzioni in modo netto. La tesi del prezzo massimo non ci convince, per i motivi che abbiamo già detto, però è chiaro che siamo di fronte a una questione aperta e soprattutto ad una scelta di politica del diritto. Abbiamo sollevato il problema perché riteniamo che le farmacie dovrebbero assumere una linea improntata alla massima cautela. E quindi rispettare scrupolosamente il prezzo dei 15 euro, perché gli sconti potrebbero esporle alle stesse sanzioni cui va incontro chi fa prezzi più alti. Se poi, nella conversione, il legislatore chiarisse meglio saremmo ben contenti: noi preferiremmo un prezzo uguale per tutti, visto che è una misura eccezionale e temporanea e non lederebbe quindi il libero mercato; ma se la scelta va nel senso opposto, basta chiarirlo e non lasciare dubbi. Comunque vada, avremo contribuito a prevenire un problema invece di attendere che un testo ambiguo portasse a contenziosi a raffica.