Oltre 8 milioni di euro di sanzioni amministrative riscosse, 707 violazioni amministrative contestate, 27 notizie di reato rese all’autorità giudiziaria, 28 pareri inviati a Governo e Parlamento, oltre 5.600 risposte a quesiti, reclami e segnalazioni. Sono le cifre che fotografano il bilancio di un anno di attività dell’Autorità garante per la privacy, riassunto nella Relazione annuale che il presidente dell’Authority, Antonello Soro, ha presentato ieri a Montecitorio davanti ai presidenti di camera e Senato. «Il 2018» ha detto il Garante «ha rappresentato per l’Autorità una tappa di grande importanza, con l’entrata nella sua piena applicazione del nuovo Regolamento Ue in materia di dati personali, che ha introdotto nuovi diritti per gli individui e nuove responsabilità per chi, soggetti privati o pubblici, tratta i dati». Per tale motivo, l’ultimo anno «ha visto una serie di interventi centrati innanzitutto sulle rilevanti novità introdotte dal Regolamento Ue e sulle grandi questioni legate alla tutela dei diritti fondamentali delle persone nel mondo digitale: in particolare, le implicazioni etiche della tecnologia; le grandi piattaforme; i big data; gli algoritmi ad uso sociale; la pervasività delle diverse forme di controllo e la raccolta dei dati».
Parecchi gli interventi in materia di sanità effettuati dall’Autorità garante e citati nella Relazione annuale. Spicca su tutti un caso di diretto interesse per le farmacie: in risposta al quesito di un medico sulla possibilità di esporre le ricette in una bacheca collocata all’esterno dell’ambulatorio, il Garante ha ricordato «che tali modalità di consegna non sono in linea con le indicazioni dell’Autorità, che consentono ai medici di lasciare ai pazienti ricette e certificati soltanto presso le sale d’attesa dei propri studi o presso le farmacie, senza doverli necessariamente consegnare di persona. Per impedire la conoscibilità da parte di estranei di dati delicati come quelli sanitari, è però indispensabile che ricette e certificati vengano consegnati in busta chiusa».
Tra gli altri casi citati nella Relazione, spiccano diversi interventi in materia di Fascicolo sanitario elettronico (come in Veneto, dove a causa di una disfunzione sono finiti nel Fse di un assistito alcune lettere di dimissione appartenenti ad altri pazienti), oppure per tutelare la dignità dell’individuo: al riguardo la Relazione cita il caso di un ospedale, sempre nel Veneto, dove una paziente in sala d’attesa è stata chiamata per nome da un operatore che le ha poi chiesto se l’intervento richiesto fosse un’interruzione di gravidanza. «Le medesime problematiche» osserva ancora il Garante «sono state evidenziate anche dopo l’entrata in vigore del Regolamento Ue; in particolare, è stata avviata un’istruttoria nei confronti di un ospedale nel quale un medico non avrebbe rispettato, in occasione di una visita oculistica, le garanzie previste dalla legge a tutela della dignità e della riservatezza delle persone interessate, divulgando a terzi alcune informazioni del loro stato di salute, compresa la presunta causa della malattia». Sono casistiche dalle quali possono trarre indicazioni utili anche i farmacisti.