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Rapporto Gimbe sul Ssn, è allarme riguardo al finanziamento pubblico

9 Ottobre 2024

La prima emergenza di questo Paese riguarda il Servizio sanitario nazionale. L’allarme arriva dalla Fondazione Gimbe, che ha publbicato ieri il suo /° Rapporto sullo stato del Ssn: i dati, è la sintesi, mostrano un divario significativo nella spesa sanitaria pubblica pro capite rispetto alla media dei paesi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e Ue, con un gap complessivo di 52,4 miliardi di euro. Peggiorano il quadro la persistente crisi del personale sanitario, che convince molti professionisti ad abbandonare il Ssn, e la spesa sanitaria a carico delle famiglie che nel 2023 si è impennata del 10,3% e ha costretto quasi 4,5 milioni di persone a rinunciato a cure, oltre la metà dei quali per ragioni economiche. Questo scenario, è la conclusione delGimbe, evidenzia un pericoloso scivolamento verso la disintegrazione dei principi di universalità, equità e uguaglianza che dovrebbero garantire il diritto costituzionale alla salute, con un impatto particolarmente grave per le fasce socio-economiche più deboli, gli anziani, i residenti del Mezzogiorno e coloro che vivono in aree interne.

Per la Fondazione la crisi va attribuita a un definanziamento cronico iniziato negli ultimi 15 anni. Nonostante un aumento del Fabbisogno sanitario nazionale (Fsn) di 28,4 miliardi di euro dal 2010 al 2024, la crescita annuale media del fondo non è stata sufficiente a coprire le esigenze reali del sistema, specialmente a causa dei tagli pre-pandemici e dei costi straordinari legati al covid-19. Inoltre, il governo prevede una riduzione del rapporto spesa sanitaria/Pil nei prossimi anni, confermando il progressivo indebolimento del Ssn.

Nel 2023 l’aumento della spesa sanitaria è stato sostenuto quasi interamente dalle famiglie, con un incremento di 3,8 miliardi di euro per le spese sanitarie dirette e un ulteriore aumento del 10,3% della spesa out-of-pocket (spesa pagata direttamente dai cittadini). Molti italiani sono costretti a rinunciare a cure essenziali per motivi economici, un fenomeno che ha colpito quasi 2,5 milioni di persone nel 2023. Parallelamente, la spesa per la prevenzione è calata drasticamente del 18,6%, il che mette a rischio la salute futura della popolazione.

Anche il personale sanitario è in una crisi profonda, continua il Rapporto. I turni eccessivi, il burnout, le basse retribuzioni e la violenza nei confronti dei professionisti stanno distruggendo la motivazione del personale. Tra il 2019 e il 2022, il Ssn ha perso oltre 11.000 medici, e il numero continua a crescere. Inoltre, l’Italia soffre di una grave carenza di infermieri: con solo 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, il Paese è ben al di sotto della media OCSE di 9,8. Le iscrizioni ai corsi di laurea in Scienze Infermieristiche continuano a calare, segnalando una professione sempre meno attrattiva.

Sul fronte dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), solo 13 regioni italiane rispettano gli standard essenziali di cura, con un marcato divario tra Nord e Sud. E per il Gimbe la legge sull’autonomia differenziata potrebbe peggiorare ulteriormente questa frattura, mettendo a rischio la sanità nel Mezzogiorno e portando a un disastro sanitario ed economico senza precedenti.