Più di 640 procedimenti per pratiche commerciali scorrette e 39 per clausole vessatorie, che hanno portato a sanzioni per oltre 230 milioni di euro e a circa 300 accordi di “moral suasion”. E’ il bilancio di sette anni di attività dell’Antitrust sotto la presidenza di Giovanni Pitruzzella, che ieri a Palazzo Madama ha presentato l’ultima Relazione annuale del suo mandato, ormai prossimo alla scadenza. Una Relazione di commiato, nella quale Pitruzzella si è soffermato sui numeri della sua presidenza e ha evitato di dare alla politica indicazioni sui settori più bisognosi di nuove liberalizzazioni, come ogni presidente dell’Antitrust è solito fare quando presenta il bilancio annuale. Un vuoto che delude chi si sarebbe aspettato dal Garante un’ultima “zampata” sui temi a lui più cari in fatto di farmacie, dalla Pianta organica alla fascia C, ma più che comprensibile dal punto di vista dell’etichetta istituzionale: un segno di rispetto nei confronti di chi gli succederà, al quale Pitruzzella non ha voluto lasciare bigliettini con le cose da fare.
Nella sua relazione, così, il presidente dell’Antitrust non ha fatto altro che passare in rassegna le cose fatte. Nel settore farmaceutico, dal bilancio del Garante spiccano così la causa Avastin-Lucentis (che ha comportato per Roche e Novartis sanzioni per più di 180 milioni di euro), il caso Pfizer, riguardante «abusi della tutela brevettuale diretti a realizzare un’estensione indebita del regime di esclusiva e ritardare l’ingresso sul mercato di farmaci generici» e la vicenda Aspen, la multinazionale sudafricana sanzionata nel 2016 per «abuso di prezzi eccessivi» (alcuni farmaci antitumorali di sua proprietà avevano visto un incremento dei prezzi di oltre il 1.500%).
Non mancano alcune valutazioni sulla Legge per la concorrenza dell’agosto scorso (la 124/2017), che ha «ampliato la competizione tra professionisti a beneficio dei fruitori del mercato, sia in termini di aumento delle possibilità di scelta sia di costo del servizio». Anche se, avverte Pitruzzella, un passo indietro rispetto a quei progressi è stato compiuto «dall’introduzione nel Decreto fiscale e nella Legge di Bilancio della nuova disciplina sull’equo compenso». Di fatto, dice il Garante, è stato «reintrodotto un regime tariffario per i servizi professionali» che costituisce «una grave restrizione della concorrenza, in quanto impedisce ai professionisti di adottare comportamenti economici indipendenti e, quindi, di utilizzare il più importante strumento concorrenziale, ossia il prezzo della prestazione». Perché, avverte Pitruzzella nel passaggio che sembra racchiudere la filosofia con cui ha governato per sette anni l’Antitrust, «la concorrenza è un driver dell’innovazione e l’innovazione è il motore della crescita economica».