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Ricerca Fnomceo-Censis, per italiani prioritario investire su medici

12 Luglio 2024

L’84,5% degli italiani è convinto che avere troppi medici con contratti temporanei, intermittenti indebolisce la sanità: opinione condivisa da maggioranze trasversali a gruppi sociali e macroaree territoriali. L’87,2% reputa prioritario migliorarne le condizioni di lavoro, perché sono la risorsa più importante della sanità. Per il 92,5% occorre assumere subito medici e infermieri nel Servizio sanitario, per dare un taglio rapido alle liste di attesa. Per circa l’85% degli italiani è prioritario incentivare i medici italiani, piuttosto che reclutare medici da altri Paesi. L’urgenza di avere più medici è indotta dalla pressione sul Servizio sanitario: negli ultimi 24 mesi, direttamente o tramite familiari, ben il 44,5% degli italiani ha sperimentato situazioni di sovra-affollamento in reparti ospedalieri o in strutture sanitarie.

La fotografia arriva dal Rapporto Fnomceo-Censis dal titolo “Stop all’aziendalizzazione e ritorno del primato della salute”, presentato ieri mattina a Roma in occasione del Convegno “Dall’economia al primato della persona”, organizzato dalla stessa Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Il vero cuore delle criticità attuali del Servizio sanitario, dice in sintesi il Rapporto, è il suo svuotamento da medici e altri operatori sanitari, cioè il depauperamento della risorsa fondamentale che ha tenuto in piedi la sanità italiana nei momenti più difficili e da cui non si può prescindere per una sanità di qualità, in linea con le aspettative dei cittadini.

Occorre quindi rimotivare i medici rendendo di nuovo attrattivo il lavoro ad altissima utilità sociale all’interno della sanità universalista, per la quale gli italiani continuano a nutrire un amore indefettibile: quasi il 92% degli italiani, dice l’indagine condotta dal Censis per Fnomceo, considera la sanità per tutti quale motivo di orgoglio per il Paese e distintività a livello internazionale. Anche per questo, l’83,6% dichiara esplicitamente che, dopo l’esperienza traumatica del Covid, si aspettava molte più risorse e un impegno più intenso per potenziare la sanità. Una riserva di disillusione consistente, condivisa da maggioranze rilevanti sui territori, che è anche una domanda sociale pressante per tornare al dettato di quanto promesso e che gli italiani reputano urgente.

«I medici sono il volto del nostro Servizio sanitario nazionale» ha commentato il Presidente della Federazione degli ordini dei medici, Filippo Anelli «sono coloro che possono tutelare la centralità della salute rispetto a qualsiasi altra esigenza anche di tipo economico».

Un’affermazione, questa, suffragata dai dati del Rapporto: il 78,9% ritiene che a decidere su cure e farmaci debba essere sempre il medico, senza vincoli di budget. In un sistema salute-centrico, per quasi il 60% dei cittadini i medici sono dei buoni manager, perché optano per la soluzione diagnostica e terapeutica più appropriata definendo un profilo di spesa sanitaria sul paziente in linea con le sue reali esigenze.

«È necessario un nuovo paradigma» ha concluso Anelli «che metta al primo posto la centralità assoluta della tutela della salute, della prevenzione e del follow up introducendo i principi del governo clinico nella gestione delle risorse e l’attribuzione ai medici di un ruolo essenziale in questi processi decisionali. Bisogna passare da un modello che veda la definizione delle risorse come primo atto per poi passare a massimizzare la redditività per cercare di centrare gli obiettivi di efficienza assistenziale ad uno che invece definisce prima gli obiettivi di salute e gli strumenti assistenziali per poi individuare tutte le risorse necessarie».

«Non ci sarà una sanità efficiente e per tutti» ha invece detto Francesco Maietta, responsabile Area consumi, mercati e welfare del Censis «se non saranno create le condizioni per un’espansione del numero di medici convinti che val la pena lavorare in modo permanente nel Servizio sanitario. Ogni altro obiettivo, a cominciare da quello socialmente decisivo del taglio della lunghezza delle liste di attesa, è subordinato a quello di rendere il Servizio sanitario un contesto particolarmente attraente per i nostri medici, a cominciare dai giovani».

Dalla ricerca emergono dunque indicazioni operative molto precise, da intendersi come altrettante priorità: avere più medici con retribuzioni più gratificanti in linea con quelle di un numero consistente di paesi europei; impegnare più risorse pubbliche per ampliare la capacità di erogare prestazioni e accogliere pazienti in una sanità alle prese con gli effetti dell’intenso invecchiamento della popolazione; infine, ridare centralità al medico restituendogli quell’autonomia decisionale sulle prestazioni appropriate che oggi è limitata dai molteplici vincoli di budget e da altri lacci e lacciuoli imposti dal primato dell’economia esito dell’aziendalizzazione.