Le varianti di Sars-Cov-2 caratterizzate da mutazioni del gene N, la nucleoproteina che “impacchetta” il materiale genetico del virus, possono sfuggire alla rilevazione dei test antigenici rapidi utilizzati negli screening di massa. E’ quanto emerge dallo studio condotto da alcuni ricercatori dell’Aou di Padova coordinati dal direttore del dipartimento di Medicina molecolare, Andrea Crisanti, e riportato nei giorni scorsi da MedRxiv, sito internet per la ricerca scientifica che raccoglie manoscritti completi ma non ancora pubblicati.
In Italia come in molti altri Paesi europei, i test antigenici stanno guadagnando popolarità grazie alla loro facilità d’uso e sono utilizzati sempre più diffusamente per indagini di massa e tracciamenti del contagio. Durante alcuni approfondimenti diagnostici, riferiscono i ricercatori, è però emerso che alcuni tamponi risultati inizialmente negativi all’antigenico hanno poi mostrato un’elevata carica virale nel test Rt-PCR (molecolare).
L’analisi di sequenziamento del virus ricavato dai tamponi con risultato discordante ha rivelato la presenza di molteplici mutazioni distruttive nella struttura della proteina N, che i test antigenici utilizzano per individuare la presenza di Sars-CoV-2. Una frazione consistente delle varianti non rilevate conteneva le mutazioni A376T accoppiate a M241I. «Ulteriori prove di laboratorio » commenta Crisanti «hanno dimostrato che questa problematica è comune a test antigenici sviluppati da diversi produttori. Le sequenze di virus con queste mutazioni sono molto più frequenti nei campioni negativi ai test antigenici ma con PCR positiva e sono progressivamente aumentate nel tempo in Veneto, una regione italiana che ha incrementato in modo considerevole l’utilizzo dei test antigenici. Si ipotizza, quindi, che l’utilizzo di massa dei test antigenici rapidi possa involontariamente favorire la diffusione di varianti virali non rilevabili da parte di questi test contribuendo, così, alla loro libera circolazione e all’inefficacia del loro contenimento».
In altri termini, «l’utilizzo di massa dei test antigenici per bloccare la trasmissione del virus favorisce la diffusione di varianti non rilevabili come conseguenza della selezione esercitata dal test. Lo studio, quindi, aiuterà a implementare approcci migliori e più informati nell’utilizzo di test antigenici, sia per la diagnosi sia per gli approcci di controllo».