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Tar: nel trasferimento l’interesse degli utenti va anche al miglior servizio

29 Gennaio 2021

La valutazione del trasferimento di una farmacia nell’ambito della propria sede deve soppesare «comparativamente interessi pubblici e privati», compreso quello della farmacia stessa di disporre «di locali adeguati alla realizzazione della farmacia dei servizi, secondo le direttive del ministero della Sanità». E’ quanto scrive il Tar della Campania nella sentenza, pubblicata il 19 gennaio, con cui accoglie il ricorso presentato da due farmacisti titolari di Ercolano (Na) nei confronti di Comune e Regione. Le due amministrazioni, la prima con parere del 26 novembre 2019, la seconda con determina del 2 marzo successivo, si erano opposte alla domanda di trasferimento presentata nel luglio 2019 dai due ricorrenti per trasferire la farmacia in una nuova sede, «meno angusta» ma sempre all’interno della zona assegnata.

Il parere comunale e quindi la determina regionale avevano rigettato la richiesta, perché la nuova collocazione avrebbe danneggiato «l’interesse dell’utenza, atteso che sulla stessa via insistono altri due esercizi farmaceutici e in un raggio di circa 250 metri sono presenti quattro farmacie». Il Comune, inoltre, ha portato a sostegno «una rilevazione anagrafica degli abitanti, divisi per le varie strade comprese nella sede farmaceutica, dalla quale si ricava che i residenti prossimi alla vecchia ubicazione sono 2.053, mentre quelli vicini alla nuova sono 1.643, per un totale di 410 residenti “penalizzati” dallo spostamento».

Per il Tar Campania, tuttavia, gli argomenti presentati dalle due amministrazioni non reggono. I giudici hanno infatti ricordato che la legittimità di una richiesta di trasferimento poggia sostanzialmente sul rispetto di due condizioni: una a carattere vincolato, ossia la distanza di almeno200 metri dalle farmacie più vicine, l’altra discrezionale, «ovvero che il trasferimento soddisfi le esigenze degli abitanti della zona». Rispetto al primo, osserva il Tribunale, è «pacifico» per tutte le parti in causa che la nuova sede rispetta la distanza minima dalle altre farmacie.

Per quanto concerne la seconda condizione, prosegue la sentenza, è giurisprudenza condivisa che «la discrezionalità riconosciuta all’amministrazione è estremamente ridotta»; in altri termini, il Comune deve verificare la sussistenza delle condizioni previste, «con particolare riferimento all’idoneità dei locali», ma non gli sono consentiti «apprezzamenti sulle ragioni sottese alla scelta» del titolare perché «in materia vige in linea tendenziale il principio della libera scelta imprenditoriale del farmacista» (sempre a patto che la nuova sede rimanga all’interno della zona assegnata).

In particolare, nel valutare la richiesta di trasferimento il Comune « deve valutare le esigenze degli abitanti della zona in rapporto alla funzionalità del servizio farmaceutico», ma non può richiamare in «maniera apodittica» l’interesse pubblico dei residenti «senza calare tali considerazioni nel caso concreto». Non basta quindi contare gli abitanti delle vie circostanti, quando lo spostamento della sede allunga «il percorso pedonale minimo di circa 2 minuti» e dunque non può essere considerato «pregiudizievole per le esigenze dell’utenza». Né è sostenibile fare riferimento alla presenza nei dintorni di altre due farmacie (tutte a più di 200 metri di distanza), perché la circostanza non ha a che vedere con le esigenze della popolazione quanto piuttosto con la tutela degli esercizi preesistenti».

Al Comune, invece, il Tar rimprovera di non avere tenuto in alcuna considerazione – rispetto alla tutela degli interessi dell’utenza – le ristrettezze della vecchia sede (25 mq di superficie, barriere architettoniche irremovibili) rispetto alla nuova, che per dimensioni consentirebbe di allargare il servizio e «acquisire le prestazioni di una moderna farmacia di servizi», come prospettato nella domanda dai due farmacisti.

Nell’esame di una richiesta di trasferimento, in altre parole, «è necessario valutare comparativamente interessi pubblici e privati» anche rispetto all’evoluzione e al miglioramento del servizio, che «non può essere valutato come una mera espansione imprenditoriale di tipo privatistico».