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Telemedicina, Cassazione conferma: non serve l’autorizzazione sanitaria

28 Settembre 2019

L’esercizio che eroga prestazioni di telemedicina in collegamento con un centro diagnostico regolarmente autorizzato non ha bisogno dei permessi richiesti alle strutture che effettuano attività sanitaria. Lo ha deciso la Corte di cassazione con una sentenza risalente all’inizio dell’estate che interesserà di certo anche alle farmacie: nel corso di un’ispezione in un centro commerciale, i Nas verificano la presenza di un corner per servizi in telemedicina fornito di apparecchiature diagnostiche e curato da una infermiera che «accoglie i pazienti, raccoglie il consenso informato, inserisce i dati in un sistema informatico, trasmette a distanza gli stessi dati a un medico, ricevere il referto (redatto da personale medico) che consegna al paziente e infine riscuote il pagamento della prestazione».

Per i militari l’attività è illegale, in quanto il centro commerciale è sprovvisto di autorizzazione regionale, e le apparecchiature vengono quindi sequestrate. Il Tribunale del riesame ha confermato la lettura dei Nas: anche se la prestazione sanitaria erogata in telemedicina presume che paziente e medico si trovino in località diverse, la struttura in cui viene erogato il servizio deve disporre della necessaria autorizzazione regionale. In questo caso il luogo è il centro commerciale, perché così sono indotti a ritenere i potenziali clienti (i Nas segnalano un listino prezzi dei servizi offerti che reca il nome dell’ipermercato) e perché è da qui che vengono inviati i dati.

Di avviso diverso la Cassazione, che ha rinviato al Tribunale la decisione per il dissequestro delle apparecchiature. Perché scatti l’obbligo dell’autorizzazione regionale, osservano i giudici, è necessario che nella struttura siano offerte prestazioni «tipicamente sanitarie» come la somministrazione di farmaci, l’assistenza medica e infermieristica, la medicina estetica e dermatologica o l’odontoiatria. Non rientrano in questa casistica «gli atti nei quali è lo stesso paziente ad acquisire i dati anamnestici che, eventualmente, egli successivamente trasferirà al personale sanitario tramite l’utilizzo di strumenti comunemente detti di autodiagnosi». Vale anche per la telemedicina, che «si caratterizza in quanto, per la realizzazione di talune pratiche mediche, per lo più diagnostiche, non c’è la necessaria compresenza nel medesimo luogo del paziente e dell’operatore sanitario, operando quest’ultimo sulla esclusiva base di dati a lui pervenuti attraverso tecnologie informatiche il cui utilizzo, appunto, consente lo svolgimento di atti medici anche tra assenti».

Di conseguenza, nella struttura del centro commerciale dove viene semplicemente raccolto il dato anamnestico non può dirsi che sia stata eseguita alcuna prestazione «tipicamente sanitaria». Rientrano in questa categoria, invece, le attività integralmente compiute presso il ricordato ambulatorio polispecialistico, consistenti nell’esame dei dati pervenuti in via telematica e nel giudizio clinico da essi retraibile e per le quali la struttura risulta regolarmente autorizzata dagli organi competenti.