La farmacia rurale può trasferire i propri locali soltanto «all’interno della medesima zonizzazione nella quale la stessa è stata originariamente ubicata», in modo da non vanificare «l’interesse pubblico alla base della sua istituzione». La libertà di trasferimento del titolare all’interno della zona di competenza, in altri termini, «non è incondizionata, essendo il trasferimento soggetto ad autorizzazione dell’autorità competente la quale deve verificare, tra l’altro, che il locale indicato sia situato in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona». E’ quanto afferma il Consiglio di Stato nella sentenza, pubblicata il 10 settembre, che respinge il ricorso presentato da un farmacista titolare di un piccolo comune laziale.
Il professionista, in sintesi, aveva chiesto nel 2016 di potersi trasferire dal centro storico del comune in un immobile ubicato lungo la via Salaria, dov’erano disponibili locali ben più spaziosi. L’amministrazione aveva risposto negativamente ma pochi mesi dopo, insorti alcuni problemi igienico-sanitari nella prima sede, aveva disposto «il trasferimento temporaneo» della farmacia nei locali della via Salaria indicati dal titolare. Successivamente, il terremoto dell’agosto di quell’anno aveva reso inagibile l’immobile del centro storico e la farmacia era stata così costretta a restare nella nuova sede. L’anno dopo il farmacista – che nel frattempo aveva acquistato i locali di via Salaria – aveva impugnato davanti al Tar il diniego comunale al trasferimento ma si era visto dare torto. Di qui l’appello al Consiglio di Stato.
Nella loro sentenza, i giudici amministrativi di secondo grado contestano le motivazioni addotte dal professionista: nell’ordinamento, ricordano, non si ravvisa alcun principio di “libera scelta” del farmacista rispetto all’ubicazione della farmacia nell’ambito della sede di pertinenza. E non hanno rilevanza le considerazioni avanzate dall’appellante secondo le quali la nuova collocazione «sarebbe in posizione baricentrica rispetto alla sede, a meno di 3.000 metri dalla farmacia contermine, e si presterebbe meglio della precedente a essere raggiunta da tutti gli abitanti del Comune perché servita da mezzi pubblici». Per il Consiglio di Stato, invece, il diniego al trasferimento «appare giuridicamente e logicamente rispondente all’interesse pubblico: come è noto, ricorda la sentenza, «specie nei comuni di modestissime dimensioni e a maggior ragione se connotati da un grande numero di frazioni e case sparse, l’esigenza di mantenere il ruolo precipuo del centro storico, quale momento di coesione umana e sociale, non solo non può essere pretermessa, ma anzi appare una finalità di interesse pubblico realmente degna di nota se si vuole evitare la desertificazione delle nostre campagne. Il centro storico è infatti il contesto naturale delle relazioni umane ed economiche e ha una funzione ineliminabile per evitare la disgregazione dei rapporti sociali delle piccole comunità».