Quando dispone il trasferimento di sede di una farmacia, il comune deve farsi carico «di interessi pubblici e privati, tra i quali anche quello di natura imprenditoriale» dell’attività farmaceutica. E’ il principio enunciato dal Consiglio di Stato nella sentenza 8238/2019, che conferma anche in secondo grado l’illegittimità del diniego opposto dal comune alla domanda di trasferimento presentata da un farmacista titolare. Il rifiuto era stato motivato con la necessità di evitare lo spopolamento del centro storico, i cui abitanti avrebbero avuto difficoltà a raggiungere il quartiere dove la farmacia voleva spostarsi; il titolare però ha presentato ricorso al Tar che gli ha dato ragione. L’amministrazione comunale si è allora appellata al Consiglio di Stato, che però ha confermato la precedente decisione.
I giudici amministrativi di appello, in particolare, hanno affermato che nel valutare una richiesta di trasferimento vanno soppesati tanto gli interessi pubblici quanto quelli privati, compresi quelli che discendono dall’attività commerciale. La regione è da rinvenire, spiega la sentenza, nei principi di libertà d’iniziativa economica e di concorrenza recentemente recepiti nella normativa di settore. L’amministrazione municipale, dal canto suo, si era opposta al trasferimento sul presupposto che lo spostamento avrebbe danneggiato i residenti del centro storico, che rappresentano solo il 18% della popolazione ma sono in prevalenza anziani. In più, nell’area sono ubicati tutti gli studi medici in attività nel paese.
Per il Consiglio di Stato, però, il Comune ha altri mezzi per tutelare il diritto alla salute a parte il diniego al trasferiento: si possono adottare «misure ragionevoli, adeguate e proporzionate», per esempio «allestendo o concordando o consentendo forme volte a favorire l’accesso al servizio farmaceutico da parte della popolazione del centro storico che presenta maggiori difficoltà di movimento, o anche mediante l’attivazione, ove il servizio farmaceutico risulti insufficiente, della procedura per istituire una nuova sede, perimetrando a tal fine, ove ritenuto necessario, quale nuova zona l’area del centro storico che si intende tutelare».
Il trasferimento, in sostanza, «non risulta comportare né un danno grave e irreparabile per il diritto alla salute dell’intera popolazione, né un pregiudizio per particolari settori della medesima popolazione che il Comune non possa fronteggiare con adeguate misure organizzative e pianificatore quali quelle sopraindicate».
In conclusione, per i giudici di Palazzo Spada il caso appare estraneo al potere di una pianificazione comunale volta alla tutela e alla valorizzazione del territorio, in quanto il paventato trasferimento dell’unica sede farmaceutica in un’area più densamente popolata e più facilmente raggiungibile, risponde «all’aspettativa della maggior platea di potenziali consumatori». L’evoluzione giurisprudenziale, in altri termini, si caratterizza per una progressiva prevalenza del criterio della massima accessibilità all’assistenza farmaceutica a discapito dell’esigenza di poter servire adeguatamente aree scarsamente abitate.
L’auspicio è che le Amministrazioni valutino concretamente le due direttive in un’ottica complessiva che consideri l’intero territorio comunale, in modo da garantire il bene primario della salute.
Avv. Silvia Stefania Cosmo