La videosorveglianza occulta dei dipendenti è ammessa soltanto quando sussiste «il principio di proporzionalità», cioè rappresenta un’extrema ratio cui l’azienda fa ricorso per un tempo e in uno spazio delimitati in modo da contenere al massimo l’incidenza del controllo sul lavoratore. E’ il chiarimento proveniente dall’Autorità garante della privacy dopo la recente sentenza con cui la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha legittimato l’installazione di telecamere in un supermercato spagnolo al fine di sorvegliare i dipendenti a loro insaputa. Date le circostanze del caso, ha chiarito la Corte, non c’è stata violazione dei diritti dei lavoratori perché la decisione di ricorrere a telecamere nascoste era giustificata dai sospetti, ben fondati, e dalle perdite subite. L’azienda, infatti, aveva perso in pochi mesi 82mila euro circa in merce, trafugata da alcuni impiegati per sé o per conoscenti. Non può dunque diventare una prassi ordinaria.
La videosorveglianza, chiarisce ancora la Corte, si è protratta per 10 giorni soltanto e le telecamere sono state puntate su un settore specifico del supermercato, quello delle casse, cioè «nella zona aperta al pubblico». I filmati, inoltre, sono stati visionati da un ristretto numero di persone e utilizzati per uno scopo specifico e determinato.
L’installazione di telecamere nascoste sul luogo di lavoro, chiarisce il Garante per la privacy, Antonello Soro, è stata ritenuta ammissibile dalla Corte solo perché nel caso specifico ricorrevano acuni presupposti: c’era il ragionevole sospetto che i furti fossero commessi dai lavoratori dell’azienda, l’area sottoposta a ripresa era circoscritta, le videocamere sono rimaste in funzione per un periodo temporale limitato, non era possibile ricorrere a mezzi alternativi e le immagini sono state utilizzate soltanto a fini di prova dei furti commessi.
La sentenza, in altri termini, non rende la videosorveglianza occulta dei dipendenti una prassi ordinaria. «Il requisito essenziale perché i controlli sul lavoro, anche quelli difensivi, siano legittimi» conclude Soro «resta dunque, per la Corte, la loro rigorosa proporzionalità e non eccedenza: capisaldi della disciplina di protezione dati la cui “funzione sociale” si conferma, anche sotto questo profilo, sempre più centrale perché capace di coniugare dignità e iniziativa economica, libertà e tecnica, garanzie e doveri».