I farmaci biosimilari non possono essere utilizzati dal Ssn con l’unico obiettivo di fare risparmio. L’equivalenza con il biologico originator è un dato di fatto che nessuno ormai contesta più, ma non può diventare abitudine che di anno in anno i pazienti siano trattati con un medicinale differente in base al prodotto che ha vinto la gara di appalto. E’ il messaggio forte che arriva dal convegno organizzato ieri a Milano da Motore Sanità per mettere a confronto sul tema medici, farmacisti e politica. Ne è scaturito un confronto serrato che ha toccato trasversalmente sia la farmacoeconomia sia la pratica clinica, con una forte attenzione alla spinosa questione dell’intercambiabilità (concetto che sta ai biosimilari come la sostituibilità sta ai generici). «Grazie alla sperimentazione e alla ricerca» ha detto in apertura Giulio Gallera, assessore al Welfare «molte malattie si sono cronicizzate. I biologici e i biosimilari sono il futuro, a noi il compito di utilizzarli bene e nel rispetto della sostenibilità del Ssn». Le risorse non vanno sprecate, ha concordato Francesco Scaglione, vicedirettore del dipartimento di Farmacologia dell’università degli Studi di Milano «ma il costo di un farmaco non può diventare il faro di ogni scelta. Da clinico, trovo inconcepibile che ai pazienti si debba dare per un anno un certo biosimilare e poi l’anno dopo un altro soltanto perché è cambiato il vincitore della gara». Sulla stessa linea Andrea Machiavelli, direttore del servizio farmacia dell’Asst Cremona «Il problema non è l’intercambiabilità» ha detto «ma è l’intercambiabilità continua. Adesso l’Aifa ha detto che il può cambiare biosimilare anche nei pazienti che hanno già avviato il trattamento (lo afferma il position paper sui biosimilari emanato a febbraio dall’Agenzia, ndr) ma davanti a un malato che è in cura con lo stesso farmaco da una decina di anni avrei forti dubbi».
Da rivedere anche gli strumenti con cui l’Aifa governa questa categoria di farmaci: «I registri terapeutici sono stati una grande innovazione dell’Agenzia che altri Paesi hanno poi ripreso» ha detto Walter Ageno, presidente della Siset «ma oggi sono spesso vissuti dagli operatori come un peso burocratico». Stesso discorso per i medici di famiglia, che accusano i piani terapeutici di fare del generalista in un “esecutore” del medico specialista. «Questi piani» ha ricordato Gabriella Levato, segretario regionale di Fimmg Lombardia «sono un imbuto economico che nasce da un retropensiero inaccettabile: il medico di famiglia è meno affidabile del collega ospedaliero. L’esito però è una prescrizione a gimcana: la Regione dice che i biosimilari andrebbero indicati sempre con il nome del prodotto e non con il principio attivo, ma sono parecchi gli specialisti che invece prescrivono genericamente».
Per le farmacie, invece, il tema biosimilari richiama innanzitutto la distribuzione. «Gli assistiti chiedono di poter ritirare il farmaco in farmacia » ha detto la presidente di Federfarma Lombardia, Annarosa Racca «siamo quindi una risorsa preziosa per il Ssn e abbiamo già dimostrato che la distribuzione dei farmaci attraverso le farmacie del territorio è strettamente monitorata dalle farmacie stesse e non sfonda. E’ merito anche delle nostre piattaforme informatiche, che utilizziamo per la distribuzione della diabetica e della celiachia. Facciamo molto e possiamo fare anche di più, sulla farmacovigilanza per fornire dati di consumo anche sui nuovi farmaci». Di qui, allora, l’invito della presidente Racca a un’alleanza tra farmacie e medici di famiglia per portare l’innovazione sul territorio: «Facciamo squadra per portare i biologici nelle Cure primarie» ha detto «faremmo della Lombardia un’avanguardia che sarebbe di riferimento per tutte le altre Regioni». Tra gli altri rappresentanti della politica presenti ai lavori Carlo Borghetti, vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia, e Marco Maria Fumagalli, componente della commissione Sanità e politiche sociali.