Sta provocando tra le farmacie lombarde una vera e propria sollevazione la lettera con cui il Consiglio di presidenza di Federfarma ha respinto la richiesta di dimissioni inviata ai vertici nazionali del Sunifar dal Comitato rurale della Lombardia. Il tema, come noto, riguarda le nuove modalità di computo del fatturato Ssn introdotte dalla Legge di Bilancio: in vigore dall’inizio dell’anno, si stanno rivelando una pesante stangata per molte farmacie lombarde ed è per questo che la settimana scorsa il Comitato rurale dell’Unione regionale aveva scritto a Roma per chiedere le dimissioni di tutti i rappresentanti del Sunifar nell’esecutivo nazionale.
Ieri la risposta della Federazione, che dopo aver sollevato una serie di obiezioni formali (per presunte irregolarità rispetto allo Statuto nazionale e a quello lombardo) ha bocciato la richiesta perché improntata soltanto alla «difesa di interessi meramente locali». Una considerazione che ha subito mandato su tutte le furie parecchi farmacisti lombardi: «E chi l’ha detto che difendere gli intessi dei farmacisti lombardi sia un male?» sbotta Emanuele Sarappa, titolare di farmacia sussidiata a Endine, un comune del bergamasco di un migliaio di abitanti «con le nuove regole la farmacia lombarda viene equiparata agli esercizi di altre regioni dove i costi sono decisamente inferiori». «Quanto sostiene Federfarma nazionale è ridicolo» replica Maurizio Vecchia, responsabile Sunifar dell’Associazione titolari di Cremona «Federfarma Lombardia è un sindacato regionale, quali altri interessi dovrebbe difendere? La verità è che chi è lombardo non può essere a favore di questo provvedimento, che sta rovinando il 15% delle farmacie di questa Regione». Vecchia, che ieri ha polemizzato sul tema in alcuni gruppi Facebook di farmacisti, fa parlare i numeri: «Soltanto nella mia provincia sono 17 le farmacie che con le nuove modalità di computo superano la soglia dei 450mila euro. Ognuna andrà a rimetterci dai 20 ai 25mila euro, ai loro titolari sia Federfarma nazionale a spiegare per quali “interessi meramente locali” la richiesta di dimissioni è stata respinta».
Tra i primi a reagire alla lettera del Consiglio di presidenza anche Emilio Fabiani, titolare di farmacia rurale a Odolo, nel bresciano. Ieri, il farmacista ha scritto al presidente nazionale di Federfarma, Marco Cossolo, per ricordargli quali siano davvero i termini della questione per chi sta in Lombardia: «Le farmacie con fatturato inferiore a 150mila» scrive «traggono dall’abolizione della trattenuta dell’1,5% un beneficio che al massimo ammonta a2.250 euro all’anno, cioè l’1,5% di 150.000. Le farmacie rurali che con il nuovo computo superano la soglia dei 450mila euro, invece, passano da una trattenuta unica dell’1,5% a una media del 7,5%». Diventa evidente, prosegue Fabiani, che “gli importanti vantaggi economici” di cui usufruiranno le farmacie più piccole (come scrive Federfarma nella propria lettera) «avverranno per effetto di un disastroso svantaggio a carico di rurali di poco più grandi».
Il bello è che la farmacia rurale di Fabiani, nonostante le nuove regole, resta sotto la fascia dei 450mila euro. «Ma questo non ha importanza» spiega a FPress «la disposizione è comunque inaccettabile, perché dà agli ultimi togliendo non ai primi ma ai penultimi. E’ il motivo per cui nel bresciano c’è molta rabbia sulla questione».
Stesse preoccupazioni dal bergamasco Sarappa: «L’anno scorso la mia farmacia ha subito un calo di fatturato attorno ai 30-40mila euro» riprende «se non fosse cambiato nulla avrei continuato a usufruire delle agevolazioni, ora invece ho superato la soglia e quindi sono aumentate le trattenute. E la cosa che fa arrabbiare è che pago di più non perché è cresciuto il mio giro d’affari, ma perché hanno semplicemente cambiato le regole». E Sarappa non è l’unico, nel bergamasco, a pensarla in questo modo. «Tra i colleghi c’è tanta rabbia e insoddisfazione» conferma «in questa provincia non sono più di 3 o 4 le farmacie sotto i 150mila euro che beneficiano delle nuove modalità di calcolo, quelle che invece risultano danneggiate sono più di una ventina». «La verità è che questo provvedimento non solo è sbagliato ma arriva anche in un momento sbagliato» rincara un’altra titolare bergamasca, Gigliola Colombi «è vero che la Lombardia sta meglio di altre regioni, ma anche qui c’è una congiuntura incerta e dunque sarebbe stato meglio evitare. Per lo stesso motivo, ritengo che sarebbe altrettanto sbagliato mettersi ora a riformare la remunerazione».