Non cambiano di una virgola i piani della Regione Emilia-Romagna per ottenere dal governo centrale un’autonomia differenziata che, in materia di assistenza farmaceutica, si tradurrà in una distribuzione diretta ancora più intensa e indiscriminata. Lo conferma il voto con cui martedì scorso, 18 ottobre, il Consiglio regionale ha dato luce verde al documento progettuale sul regionalismo differenziato: si tratta, in sintesi, della piattaforma che il governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, dovrà presentare al governo centrale per l’intesa necessaria ad avviare il trasferimento delle autonomie e competenze rivendicate dalla Regione.
Come recita il progetto, sono quindici le materie sulle quali la giunta vorrebbe priorità legislativa (due in più rispetto alla preintesa del febbraio scorso) e tra queste la Sanità. In questo specifico recinto, la Regione rivendica tra le altre cose un’estesa autonomia nella programmazione delle scuole di specializzazione, nella governance delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale e nella gestione dei fondi integrativi. Ma soprattutto, chiede di poter decidere liberamente sulle «forme della distribuzione diretta dei farmaci ai pazienti che richiedono un controllo ricorrente», in modo da consentire anche alle strutture pubbliche di «fornire direttamente i farmaci per il periodo immediatamente successivo alla dimissione dal ricovero ospedaliero o alla visita specialistica ambulatoriale».
Ora Bonaccini si recherà dal ministro per gli Affari regionali, Erika Stefani, per concordare tempi e contenuti del ddl che dovrà concedere alla sua Regione le autonomie differenziate. Potrebbe essere lo stesso che il Ministro ha già annunciato per le analoghe richieste di Veneto e Lombardia, nel qual caso l’attesa sarebbe brevissima (Stefani ha detto nei giorni scorsi che se ne dovrebbe parlare in Consiglio dei ministri entro ottobre) ma ancora non ci sono certezze.
L’impressione in ogni caso è che ci sia una certa fretta e proprio per questo dalla filiera del farmaco ripartono inviti a fermare tutto e prendere una pausa di riflessione. «Il nostro appello rimane lo stesso che già lanciammo a febbraio quando Emilia Romagna, Veneto e Lombardia firmarono le preintese con Gentiloni» conferma a FPress il presidente di Assofarm, Venanzio Gizzi «farmacie e Sisac, che rappresenta le stesse Regioni, stanno trattando il rinnovo della convenzione, finché non avremo firmato il nuovo contratto sarebbe opportuno che a livello locale si evitassero provvedimenti o iniziative capaci di perturbare il quadro di riferimento». Si tratta, prosegue Gizzi, di rispettare le regole del gioco: «Le tregue durante i rinnovi contrattuali» spiega «sono cosa normale in tutti i comparti e rientrano nelle corrette relazioni sindacali. Per questo motivo, stiamo cercando un incontro con la Regione Emilia Romagna nel quale convincere i suoi amministratori a mettere in pausa il processo regionalista».
Intanto, in Emilia Romagna Federfarma incassa il sostegno di Cittadinanzattiva, che in un articolo pubblicato oggi su Filodiretto, l’house organ della Federazione, si schiera a favore della dpc in antitesi alla diretta: «Conosciamo perfettamente i disagi che i pazienti, soprattutto quelli affetti da patologie croniche» dice Anna Baldini, rappresentante di CittadinanzAttiva Emilia-Romagna «debbono affrontare nel reperimento presso le farmacie ospedaliere delle terapie loro necessarie. Disagi particolarmente gravosi per le fasce più fragili della popolazione: in particolar modo per gli anziani, costretti a spostarsi con mezzi privati o pubblici per affrontare lunghi tragitti al fine di raggiungere gli ospedali».