«Noi difendiamo la nostra professione». È la frase che campeggia sulle spille che da ieri i farmacisti collaboratori delle farmacie private sarde indossano sul camice, in segno di protesta per la piega presa a Roma dal negoziato per il rinnovo del contratto nazionale di categoria. Nessuno sciopero, nessun servizio interrotto, ma una mobilitazione simbolica e determinata, promossa dalla UILTuCS Sardegna, che coinvolge oltre 300 farmacisti dipendenti dell’Isola.
L’iniziativa punta ad accendere i riflettori su una figura professionale sempre più marginalizzata sul piano contrattuale, nonostante il ruolo centrale nella rete sanitaria territoriale. Laureati, competenti, sottoposti a un costante aggiornamento, i farmacisti collaboratori lamentano condizioni retributive che non rispecchiano le responsabilità richieste: turni festivi, pressione lavorativa costante, esposizione al rischio, somministrazione di vaccini. Eppure, in molti casi, guadagnano meno di un commesso del commercio.
«Non sono semplici addetti al banco» afferma Cristiano Ardau, segretario generale della UILTuCS Sardegna «ma professionisti della salute, laureati, competenti, sempre al servizio dei cittadini». La protesta, spiega Ardau, nasce dalla frustrazione per uno stallo contrattuale che dura ormai da anni. «Dopo sette incontri nazionali per il rinnovo del Ccnl, non si registrano passi in avanti, se non l’irricevibile proposta di aumento salariale di soli 120 euro lordi».
Alla base del malcontento, anche il confronto con l’estero: secondo la UILTuCS, le retribuzioni orarie dei farmacisti italiani sono meno della metà rispetto a quelle dei colleghi europei. E in parallelo cresce la preoccupazione per l’ipotesi – già discussa a livello nazionale – di introdurre nuove figure ibride non laureate, autorizzate comunque alla dispensazione del farmaco. Un cambiamento che, secondo il sindacato, comprometterebbe ulteriormente il riconoscimento della professionalità dei farmacisti dipendenti, a vantaggio di un contenimento dei costi per i titolari. «Federfarma registri che siamo solo all’inizio della protesta» conclude Ardau.