La Regione Emilia Romagna affiderà a un gruppo di lavoro interdisciplinare il compito di approfondire la «proposta di partenariato» avanzata da Poste Italiane per «la gestione della logistica del farmaco verso le aziende ospedaliere, le Case della salute e il domicilio dei pazienti». È quanto dispone la determina che la Direzione generale cura della persona, salute e welfare della Regione ha diramato il 30 settembre scorso e che da qualche ora ha cominciato a girare sui social dei farmacisti emiliano romagnoli.
Occorre dire subito che il gruppo di lavoro (dove siederanno dirigenti di Asl e aziende ospedaliere, così come responsabili regionali per gli affari legali, patrimonio e infrastrutture) avrà tempo sino alla fine del 2023 per presentare alla Direzione salute una «relazione finale» con gli esiti della valutazione richiesta. Dunque, è difficile che si profilino eventuali “derive” distributive prima del 2024.
È anche vero, tuttavia, che la determina regionale mostra di prendere particolarmente sul serio la proposta di partenariato proveniente da Poste Italiane: «le risultanze emerse dalla gestione della pandemia e gli elementi inflattivi che condizionano il mercato attuale (per esempio i costi dell’energia)» scrive la Direzione salute «richiedono valutazioni prospettiche in relazione all’evoluzione normativa e agli assetti organizzativi ed economico-finanziari».
Lo scenario di cui sopra, continua la determina, «richiede necessariamente lo sviluppo e l’approfondimento di tematiche volte alla razionalizzazione delle attività “no core” (cioè non istituzinali, ndr) del Servizio sanitario regionale, per liberare risorse da impiegare nell’erogazione delle prestazioni sanitarie rivolte ai cittadini». Tra queste tematiche “no core” c’è appunto la logistica del farmaco, «in quanto l’efficientamento di stoccaggio e distribuzione può rappresentare un’opportunità per ottimizzare alcune delle attività non prettamente sanitarie del Ssr».
Poste Italiane, prosegue la determina, ha formalizzato una manifestazione d’interesse per una partnership pubblico-privato cui affidare «la gestione del servizio di logistica del farmaco verso le aziende ospedaliere, le case della salute e il domicilio dei pazienti della Regione Emilia Romagna». La Regione ha quindi ritenuto opportuno «costituire un apposito gruppo di lavoro interdisciplinare, con l’obiettivo di approfondire la manifestazione d’interesse» giunta da Poste Italiane. In particolare, il tavolo dovrà «effettuare una ricognizione dello stato di fatto delle piattaforme logistiche attive del Ssr con la rilevazione dei dati infrastrutturali ed economici, mantenere le interlocuzioni di carattere conoscitivo/tecnico/amministrativo/giuridico con Poste Italiane; esprimere sulla proposta che verrà formulata dal gruppo pubblico «una valutazione circa l’applicabilità in termini di efficientamento del sistema logistico e di vantaggiosità economico finanziaria per il Servizio sanitario regionale».
Da notare che nei riferimenti legislativi cui la determina fa riferimento nelle premesse spicca il cosiddetto Dm77, il decreto del ministero della Salute sugli “standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale”. Si tratta, come si ricorderà, del provvedimento che getta le basi della riorganizzazione delle Cure primarie secondo i dettami del Pnrr, dove in una prima bozza – poi corretta – si parlava di distribuzione dei farmaci nelle Case della comunità.
Per questo motivo, il documento dell’Emilia Romagna sta già mettendo sul chi vive i farmacisti di questa parte d’Italia. Perché la Regione si è ben guardata dal mettere al corrente le farmacie di tale “avance” da parte di Poste Italiane e, soprattutto, perché poco più di un mese fa l’Asl Romagna aveva proposto alle farmacie del suo territorio un’ipotesi di accordo sulla distribuzione in dpc di alcune categorie di farmaci di classe A promettendo in cambio «la gestione di tutta la terapia del paziente cronico attraverso il sistema dpc».