Farmacisti titolari divisi sulla delibera della Regione Emilia-Romagna datata 29 agosto che lancia nell’Asl Romagna un «progetto pilota per la farmacia dei servizi applicati alla dpc dei farmaci destinati alla cronicità». In un comunicato diffuso ieri, Federfarma nazionale ha espresso forti perplessità sulla disposizione, «che prevede il passaggio di una vasta categoria di farmaci dalla cosiddetta convenzionata alla distribuzione per conto, con ripercussioni senz’altro negative sulle farmacie romagnole». «Pur condividendo l’obiettivo generale del progetto, volto alla presa in carico del paziente cronico da parte della farmacia» conclude il presidente Marco Cossolo «ne auspichiamo un’attuazione equa e sostenibile, che tuteli l’interesse dei cittadini a una efficace ed efficiente distribuzione del farmaco e la necessità delle farmacie di avere la sostenibilità economico-finanziaria del servizio».
Contro la delibera regionale si sono schierati ieri anche Farmindustria ed Egualia (ex Assogenerici), che in una nota definiscono il provvedimento «inaccettabile perché determinato da ragioni economicistiche derivanti dal disavanzo della spesa sanitaria complessiva della Regione, che non è assolutamente imputabile al superamento delle risorse assegnate ai medicinali territoriali acquistati in farmacia».
Non tutti i farmacisti titolari della Romagna, però, sembrano condividere i giudizi negativi che arrivano dalle organizzazioni nazionali della filiera. «Mi chiedo perché questo intervento soltanto adesso» osserva per esempio Alberto Lattuneddu (foto), presidente di Federfarma Forlì-Cesena «quando è da molti anni che in Romagna passa il 53% della distribuzione diretta effettuata complessivamente in tutta la Regione. Sul tema, però, non ricordo comunicati di Federfarma nazionale in passato».
Ma che cosa dice la delibera della Regione? In sostanza, il documento dà mancato al dg dell’Asl Romagna di sottoscrivere con le Associazioni delle farmacie convenzionate del proprio ambito territoriale un progetto pilota prorogabile anche fino a tutto il 2023. La sperimentazione prevede «il passaggio dalla distribuzione diretta alla dpc e dalla convenzionata alla dpc di assistiti affetti da patologie croniche stabili», mediante la consegna dei farmaci di fascia A acquistati con gara regionale.
Grazie a questo potenziamento della dpc (a scapito di convenzionata e diretta) le farmacie verranno coinvolte «in progetti inerenti alla farmacia dei servizi» e contribuiranno «alla presa in carico dei pazienti con patologie croniche» e «alla capillarità dei servizi con particolare riferimento alle zone rurali periferiche. Tra i servizi che verranno delegati alle farmacie, in particolare, l’aderenza alla terapia, la ricognizione farmacologica, il recapito a domicilio di farmaci e dispositivi, telemedicina, assistenza integrativa, cup, screening.
Quanto alle molecole che – nell’ambito del progetto – verranno riclassificate in pht, l’elenco citato nella delibera comprende mesalazina, atorvastatina, rosuvastatina, ezetimibe, exetimibe+simvastatina, ezetimibe+rosuvastatina, acido alendronico, oxicodone/naloxone, pregabalin, sertralina, duloxetina, salmeterolo+fluticasone, formoterolo+budesonide, formoterolo+beclometasone, vilanterolo+fluticasone fluroato, umecledinio bormuro/vilanterolo, indacaterolo maleato/glicopirronio bromuro, aclidinio bromuro/formoterolo fumarato diidrato, vilanterolo trifenato/umeclidinio bromuro/fluticasone furoato, tiotropio bromuro, aclidinio bromuro, glicopirronio bromuro, umeclidinio bromuro.
La cosa interessante è che tra i documenti a sostegno della propria delibera la Regione cita l’Accordo Stato-Regioni dell’ottobre 2019, che aveva dato luce verde alla sperimentazione della farmacia dei servizi in nove Regioni, e il cosiddetto Dm77 sulla riforma delle cure primarie, dove si «ribadisce il ruolo centrale delle farmacie convenzionate nell’assistenza territoriale integrata». Non solo, tra i documenti ispiratori l’Emilia-Romagna ricorda pure il documento 22/50/CR06/C7 del 16 marzo scorso, che le Regioni presentarono alla commissione Affari sociali della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla distribuzione diretta. E nel quale si sosteneva che «la dpc può comprendere non solo farmaci del pht, ma anche farmaci di fascia A correlati a specifiche patologie croniche, con la possibilità di sviluppare/implementare programmi di educazione, informazione e raccolta dati in farmacie convenzionate con presa in carico dei singoli pazienti».
Lattuneddu, dal canto su, ricorda che il progetto pilota autorizzato dalla delibera discende da una concertazione che il nuovo dg dell’Asl Romagna ha condotto con le rappresentanze delle farmacie. Senza contare che dal testo spuntano diverse aperture, in tema di dpc e servizi, che valgono una sperimentazione di livello rigorosamente locale. «Il provvedimento della giunta regionale» riassume il presidente di Federfarma Forlì-Cesena «afferma che “lo sviluppo di una farmacia dei servizi che offra un’assistenza di prossimità rappresenta certamente un valore aggiunto all’accesso e alla continuità delle cure”; pone come obiettivo quello di “attuare un sistema di erogazione dei farmaci valorizzando al massimo la dpc”, che rappresenta “una forma alternativa di distribuzione diretta dei farmaci con conseguente presa in carico”; inoltre riconosce che “la gestione di tutta la terapia del paziente cronico attraverso il sistema dpc consente la visualizzazione completa in tempo reale delle erogazioni eseguite sia da parte dei farmacisti convenzionati sia da parte dei farmacisti del Ssn”; infine, sostiene “la gestione diretta da parte delle farmacie convenzionate delle terapie croniche”».